Visualizzazione post con etichetta week 44. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta week 44. Mostra tutti i post

domenica 11 novembre 2018

Week 44-45/2018

  • Renegades of funk - Rage Against The Machine (Renegades, 2000) Non sono un gran amante dei RATM tant'è che reputo quest'album di cover il loro miglior lavoro, però ieri ero solo a casa (stranamente) e ho messo il volume a palla e la riproduzione random e questa canzone, originariamente scritta e performata da Afrika Bambaataa, è stata la scelta di iTunes. Beh, porca puttana però l'effetto che fa sta roba al volume giusto e al momento giusto...
  • The photograph - Still Corners (Slow air, 2018) Per uno che millanta ignoranza in ambito pop come me non c'è niente di più appropriato che esaltarsi per un album che, sembrerebbe, non ha niente di originale. Che, sembrerebbe, è solo una riproposizione di vecchi catorci anni '80. Che, sembrerebbe, non ha niente di a-van-guar-dis-ti-co e davvero artistico. Niente di più appropriato. Che voglio dire? Proprio niente. Ah, quanto è pericoloso oggi avere un arrogante blog di musica pop!
  • To the Kino, again - Any Other (Silently. Quiently. Going away., 2015) Che vi devo dire, questa qui ha scavalcato una lista d'attesa alta quanto un palazzo di tre piani in via Plebiscito, ma ve lo dicevo che è l'ideale per rilassare le mie povere orecchie dai recenti frastuoni atroci. Non è certo un album che metterei a palla alla guida di Pandabell, però, a casa, un sabato sera o una domenica pomeriggio, fra un libro e una puntatina a Ponyville, ci può anche stare...

sabato 11 novembre 2017

Week 44-45/2017

  • Bianca - Afterhours festa. Carmen Consoli (Bianca single, 2017) Non so perché, ma continuo a dare fiducia a Manuel Agnelli e non appena ho saputo che, a distanza di vent'anni quasi, era uscita questa nuova versione di Bianca, con il contributo della mia conterranea Carmen Consoli, mi ci sono fiondato subito. E dopo averla ascoltata, ancora non so perché continuo a dare fiducia a Manuel Agnelli. La canzone è quasi del tutto uguale alla versione originale, eppure sono riusciti a farla più bruttina. Il modo di cantare di Manuel è da dimenticare. Ho come l'impressione che quel giorno non stesse troppo bene. O che si sia preso troppo sul serio. Gli archi inseriti qua e la fanno troppo vogliamo fare qualcosa di nuovo ma non sperimentare e allora buttiamoci sul classico e inseriamo gli archi che da l'impressione di sperimentare. E vi prego di non confonderli con lo splendido violino che spuntava fuori qua e la nella prima versione. Poi, l'apporto di Carmen Consoli è quasi nullo, e comunque mi viene il dubbio che sia lo stesso Manuel a imitarla esasperando il falsetto. Hanno tolto quei meravigliosi innesti elettronici di Xavier (credo) per mantenere la canzone piatta e monotona. La cosa peggiore però non è la sensazione che la canzone sia bruttina. È la certezza che sia del tutto inutile.
  • Sevens - Dark Horses (Hail lucid state, 2014) Essendo io un fan dei Dark Horses, non solo iscritto al loro canale youTube e seguace del loro profilo Instagram ma anche presente nella loro mailing list, così retrò come concetto ma che rende l'idea di quanto gli sia affezionato, ho avuto la possibilità di ascoltare in anteprima su Sound Cloud il loro nuovo singolo XIII. Non solo la fortuna dunque di averlo ascoltato in anteprima, ma anche solo di averlo ascoltato, dato che la permanenza sulla piattaforma digitale era limitata nel tempo. Insomma, essendo un fan sfegatato, affezionato eccome a questi altissimi rocker londinesi, io l'ho ascoltata e voi no. Ah! Per cui, godetevi semplicemente questa meravigliosa Sevens dal loro secondo album e sperate, sperate che prima o poi XIII spunti fuori da qualche altra parte...
  • Avalyn 1 - Slowdive (Blue day, 1992) Incredibile, ma ci sono cose degli Slowdive che non conosco ancora. Fra queste, gemma assoluta di Blue day,  raccolta degli EP pubblicati qua e la prima, dopo e durante gli album, uscita qualche tempo fa in edizione limitata per il Record Store Day e che io, si, io posseggo in vinile!, l'eterea, violenta, dissonante, viscerale Avalyn 1. Ah, gli Slowdi... oh cazzo, su youTube è partita la splendida versione live di When the sun hits, ci vediamo dopooooo!!!!

domenica 6 novembre 2016

Week 44/16


  • Boys don't cry - Scarlett Johnsson (non trovo nessuna indicazione di album o singolo) Il messaggio con il link a YouTube diceva semplicemente: figa a dir poco... beh, abbiamo rivisto questo video decine di volte da ieri pomeriggio e vi giuro che ancora non abbiamo capito se, l'amica Giusi, col suo commento, si riferisse alla canzone o alla cantante. Beh, io direi alla canzone, ma mio cugino, non c'era da dubitarne, non si è neanche accorto che c'era, una canzone...
  • I don't want to let you down - Flyying Colours (EPX2, 2015) Oddio, credo di essermi preso una cotta per questi qui. Il problema è che, per le mie finanze, non era il caso di prendermi una cotta in questo momento, per di più' per un gruppo australiano che, se non ho capito male, in Europa non è stato ancora stampato, e quindi di difficile reperibilità. Ma tant'è, al cuore non si comanda, e sto stalkinando un tizio inglese su eBay che sembra abbia una copia da sbolognare a costo di sangue del loro primo lavoro. Vi terrò aggiornati, ve lo prometto, e può darsi anche vi chieda di fare una colletta!
  • Julie's place - Rolling Blackout Coastal Fever (Julie's place, 2017) Qui non arriverei a parlare di cotta, ma mi piace da morire questa Julie's place dei (australiani anch'essi) Rolling Blackout C.F. So che sembrerà una minchiata ma io ci sento dentro praticamente tutto ciò che amo degli ultimi 50 anni di pop e rock: chitarre nervose in sottofondo, feeling che resta sempre pop, ritmo serrato, coretti alla Beach Boys e voce da mi sono appena svegliato dopo una notte di bagordi ma devo correre in ufficio anche se è estate e vorrei andare al mare. Insomma, gli album li ascolterei proprio volentieri, anche se non posso parlare di cotta, anche se non arriverei a chiedervi di fare una colletta!

domenica 1 novembre 2015

Week 44/15


  • Flying - Telescopes (The Telescopes, 1992) Ogni volta che penso di essermi fatto un quadro abbastanza chiaro su ciò che cerco, su ciò che devo ascoltare, su ciò che è significativo per il mio percorso di studioso rompiballe musicale, ecco che arriva l'ennesimo gruppo della Creation che, a quanto pare, io ero l'unico a non conoscere. E così, tutto il piano quinquennale, va allegramente a farsi fottere.
  • C'mon kids - Boo Radleys (C'mon kids, 1996) Stessa storia per questi, ovviamente. Che cambia se, rispetto ai Telescopes, è un nome che avevo già sentito dire? Non sono pur sempre altri sei album da infilare a forza nella pila delle cose da ascoltare o, per lo meno, nella rubrica cartacea che uso come libro dei desideri?
  • Why does it shake? - Protomartyr (The agent intellect, 2015) E non cambia niente che questi siano, come dire, contemporanei, o che somiglino a un sacco di altre cose già sentite, o che non pubblichino per la Creation (che non esiste più). Sono pur sempre un gruppo interessante, con all'attivo tre album che hanno avuto successo, che io sconosco completamente e che prima o poi dovrò attenzionare. Dunque, ve l'ho detto: io morirò seppellito da tutte le cose in attesa del loro turno di essere ascoltate. Amen.

domenica 2 novembre 2014

Week 44/14 - una tripletta nostalgica VII

  • From a motel 6 - Yo La Tengo (Painful, 1992) 1) mi ricorda quel fantastico periodo in cui Giulietta non c'era ancora anche se c'era già; 2) quella specie di sega elettrica con cui si trastulla Ira Kaplan mi esalta come poche altre cose al mondo; 3) mi è sempre sembrata la When you sleep dei Yo La Tengo; 4) è di una bellezza unica; 5) suonata a volume adeguato si sentono cose che non avete idea. Ecco, queste sono le cinque ragioni per cui amo questa canzone così tanto da giustificare l'acquisto di una costosissima prima stampa tedesca (in buone ma non ottime condizioni) di Painful dei Yo La Tengo arrivata a casa proprio in questi giorni.
  • Ad occhi chiusi - Luciferme (Luciferme, 1996) Era un giovedì notte, un giovedì notte freddissimo, e Andrea mi venne a prendere in moto fino a casa per trascinarmi all'ormai defunto Taxi Driver, dove avrebbe suonato un gruppo a me sconosciuto che lo faceva impazzire. A metà serata avevo le palle gonfie perchè li dentro c'era una puzza infernale di alcol e fumo, perchè a mezzanotte ancora non se ne parlava di suonare, perchè la musica in diffusione era troppo strana e a volume troppo alto, perchè il locale era vuoto e io avevo paura che qualcuno si accorgesse che esistessi e che non ero mai stato ad un concerto rock. Poi i Luciferme hanno cominciato a suonare e, all'improvviso, tutte le ragioni per cui per due ore avevo avuto le palle gonfie, sono diventate incredibilmente tutte le mie ragioni di vita da quel momento in avanti.
  • Yard of blonde girls - Jeff Buckley (Sketches for My sweetheart the drunk, 1997) C'era una volta una che mi piaceva. Un giorno, come si usava ai tempi, le feci una cassettina dedicandole, a causa di quel very sexy ripetuto prima dei ritornelli, questa canzone in particolare. Quando lei vide la dedica fece una faccia strana, quasi schifata. Lo sai chi è Lola?, mi chiese. No, risposi io. Lei sbuffò e scosse la testa. Lo sai cos'è la yard of blonde girls?, chiese ancora. No, ancora io. Allora lei sbuffò di nuovo e abbassò gli occhi a terra. Quindi non sai neanche di che parla la canzone? Insistette infine. Nooooo, sbuffai questa volta io, spazientito. Sei un cretino, disse lei. Si alzò, e non la vidi più. In seguito, capì il suo punto di vista. Ma nonostante questo, per me, quel che contava, era quel very sexy ripetuto prima dei ritornelli.

sabato 2 novembre 2013

Week 44/13 - una tripletta per il giorno dei morti, una tripletta per il morto Lou Reed.

Ecco alcune delle cose facilmente tangibili che Lou Reed ha fatto per me negli ultimi quarantacinque anni: ha scritto almeno dieci delle mie canzoni preferite; ha portato quasi all'estremo l'idea di violenza chitarristica; ha scritto, pubblicato e difeso a oltranza Metal Machine Music; ha ispirato Lester Bangs, Todd Haynes e Timothy Greenfield-Sanders nelle loro rispettive arti; ha suonato un concerto per me e pochi altri praticamente sotto casa mia; ha deciso di morire il giorno dopo il mio compleanno in modo da non rovinarmi i festeggiamenti di quest'anno e degli anni futuri.
Ed ecco alcune delle cose facilmente tangibili che io ho fatto per Lou Reed negli ultimi quarantacinque anni: ho comprato molti ma non tutti i suoi dischi; ho speso pochi spiccioli per vederlo in concerto assieme a pochi altri praticamente sotto casa mia; ho parlato della sua musica con gli occhi luccicanti ad amici, conoscenti e altri.
Ma ciò nonostante, il debito che avrò con lui, e con tutti gli altri artisti che uno dopo l'altro moriranno inevitabilmente nel corso dei prossimi anni, sarà sempre troppo grande anche solo per pensare di poterlo quantificare.