mercoledì 26 dicembre 2018

Week 51-52/2018

  • Passing things - Froth (Outside(briefly), 2017) Lungi da me perdere tempo in classifiche di fine anno dato che, si sa, i miei ascolti sono di solito temporalmente schizofrenici. Eppure, forse proprio per questo, mi è impossibile non cadere nella tentazione di valutare l'ironia della situazione dato che, a mio avviso, questo lavoro dei Froth datato 2017 è probabilmente il miglior ascolto del 2018 ed è arrivato nella cassetta delle poste a ridosso del (e quindi si prolungherà nel) 2019. Quindi, dicevo, sarà pure una Passing Thing, questo oggetto Froth, però sembra che mi accompagnerà a lungo...
  • Stay (far away, so close) - U2 (Zooropa, 1993) A proposito di oggetti che mi accompagnano a lungo, questo forse è quello più spudorato, più ossessivo, più difficile. Comprai una cassettina taroccata di Zooropa non appena uscì, se non sbaglio estate 1993, e poi, anni dopo il cd che ho ascoltato così tanto da rovinarlo in alcune tracce. Poi, ieri mattina, come regalo di Natale delle mie donne, mi ritrovo fra le mani una ristampa in vinile. Lo abbiamo suonato per tutto il giorno, come fosse una compilation di Natale, e ci siamo tutti ritrovati un po` commossi ognuno su tracce diverse. La mia preferita dell'album, si sa, è Dirty Days, di cui abbiamo già parlato tempo fa. Ma la preferita di Francesca e Giulietta è e sarà sempre Stay. E come si fa a non capire il perchè?
  • Falling stars - Blankenberge (Radiogaze, 2017) Toh, ecco un altro lavoro uscito nel 2017, attenzionato solo nel tardo 2018 e che di sicuro mi porterò per un po' attraverso il 2019. Non che ci sia molto da dire, sono russi, fanno shoegaze molto più dream rispetto agli standard e io me li ascolto soprattutto la notte, quando cala il freddo e posso avvolgermi nel silenzio e nel plaid blu. E mi fanno sognare ancora prima di addormentarmi.

lunedì 17 dicembre 2018

Week 50/2018

  • We - Blankenberge (Radiogaze, 2017) Questa me la segnalò l'amico Vitale l'anno scorso, proprio in questo periodo, come la migliore traccia shoegaze del miglior album shoegaze del migliore gruppo shoegaze del 2017. Col mio solito comodo, ci sono arrivato a dargli spazio nella mia quotidianità, e devo dire che mi trovo abbastanza d'accordo con l'amico Vitale. Ora però aspettiamo che l'amico Vitale faccia il suo solito lavoro e mi dia la medesima dritta per l'anno 2018 che volge al termine. Così almeno saprò già di cosa parlare fra un anno a quest'ora...
  • Yam Yam - No Vacation (Intermission, 2017) Sempre dal passato 2017, e dunque in vergognoso ritardo, mi sono approcciato solo oggi a questo EP dei miei amatissimi No Vacation, gruppo californiano che dovrei odiare per ovvie ragioni ma che, invece, come sa bene mio cugino e chiunque segua questo scellerato blog, amo tanto, ma davvero tanto, per ragioni che invece mi sono oscure. Non so se questo lavoro sia esattamente l'ultimo pubblicato, ma in ogni caso mi pare assai diverso dai precedenti (anche se non saprei dire in cosa, ignorante come sono, forse nei suoni? Forse nella composizione?) seppur godibilissimo come sempre. Che altro aggiungere? Che Yam Yam è un nome fantastico per una canzone californiana? Si, esattamente questo. Yam Yam è un nome fantastico per una canzone californiana...
  • The stars are like an Avalanche - Swell Maps (Jane from occupied Europe, 1980) Sono così stanco e avvilito che, invece di commentare sta canzone, userò i suoi 3 minuti e 22 secondi di durata per rileggere e correggere le cazzate che ho scritto sopra... Bonne nuit!

domenica 9 dicembre 2018

Week 49/2018

  • Strange year - Cloud Nothing (Life without sound, 2017) Questa canzone conferma ciò che la già precedentemente trattata Realize my fate aveva suggerito ovvero che, su quest'album, coesistono due diverse band. La prima, è interessante e dedita a un noise rock che flirta con l'avanguardia. L'altra, è un band babbasunazza che sguazza in un innocuo, anzi!, fastidioso college rock adolescenziale. Io, col nuovo approccio zen in prova gratuita per 30 giorni, faccio finta che la seconda non esista e mi concentro solo sulla prima. Il problema è che c'é così poco di loro nell'album che non mi basta neanche per la doccia della mattina, figuratevi per dare la giusta piega alla giornata...
  • Forgotten - TV on the Radio (Nine types of light, 2011) Non è che ci sia molto da aggiungere, commentare, spiegare, sottolineare, evidenziare, sviscerare, ricapitolare, mostrare, illuminare, vivisezionare, è solo un'altro tassello nel percorso dei TVOTR verso il titolo di miglior rock band dei 2000's...
  • Alan is a cowboy killer - Mclusky (Mclusky do Dallas, 2002) Questa è la canzone su cui Giulietta, quando sfrecciamo lungo la provenzale a bordo di Pandabell, sta imparando i rudimenti della lingua inglese. E non solo, miei cari, non solo. Grazie al cielo sta imparando anche i rudimenti della struttura sociale in cui si trova a vivere. Tié!

domenica 2 dicembre 2018

Week 47-48/2018

  • Corinne - Metronomy (The english riviera, 2011) Lo so che è senza precedenti, proporre la stessa canzone per tre volte, soprattutto se ce ne sono altre bellissime nello stesso album, ma io ne sono ossessionato. La ascolto (ancora) decine di volte a settimana, al volume possibile, nelle condizioni possibili, nella compagnia possibile, ma non è tanto questo il punto, il punto è che l'altro giorno entro alla Fnac per perdere un po' di tempo, aspettavo una telefonata che non arrivava, e allora vedo il cd di questo superbo album che mi guarda dallo scaffale e mi dice sono tuo per sette euro e io il cd giusto giusto non ce l'ho e allora lo prendo, lo faccio mio, solo che mentre mi avvio verso le casse vedo il vinile porca puttana il vinile di questo stesso medesimo capolavoro che mi dice prendimi, prendimi sono tuo per 15 euro e allora io ripudio il cd, per quanto audiamente affidabile e poco costoso e prendo, afferro, azzanno quel pezzo di plastica, lo ficco sotto al braccio come la più sacra delle baguette, lo pago e lo porto alla luce, fuori da quel triste magazzino e per tutta la strada, fino a casa, aspettando ancora quella cazzo di telefonata che non arriva e, per la cronaca, non arriverà, io lo guardo, lo accarezzo con la mano, lo ostento. Poi, a casa finalmente, lo spacchetto, lo poso sul piatto sul lato B e piazzo la puntina direttamente sulla terza traccia. Corinne parte così, finalmente in sordina, fra uno scricchiolio e un graffio, e io sono felice, penso a tutte le cose a cui questa canzone mi fa pensare e alzo il volume, oddio si se alzo il volume, e allora mi lascio andare, lontano, lontano, mi lascio andare proprio lontano, lontano lontano...
  • Shut the windows - Froth (Outisde (briefly), 2017) Avevo appena scelto due album nuovi da aggiungere in playlist, due album che mi pareva avessero qualcosa in comune ma che invece, in comune, non avevano un cazzo. Il primo è quella noia mortale dei Cloud Nothing che non si capisce come mi sia fatto fregare da tale college rock di basso profilo, il secondo è invece questo gioiello dei californiani Froth che, non è originalissimo, ok, lo sappiamo ormai che è il castigo divino di questi anni del rock, ma è scritto e suonato e registrato egregiamente. Mi piace così tanto che ho appena comprato dal mio spacciatore di fiducia il cd. Ascoltate questa traccia, per esempio, delicata ma dura, '80s ma diversa... insomma, mi innamorai. E abbiate pazienza, quando uno si innamora si innamora, e non potete mica fargli le pulci...
  • Repetition - TV on the Radio (Nine types of lights, 2011) Questo è indubbiamente l'album più strano dei TVOTR, sembra più scanzonato, più leggero, ma lo sapete, non ne capisco niente io di musica pop, e in più spesso non riesco a capire neanche i testi delle canzoni. Però questa canzone così scanzonata, scazzata, così poco TVOTR ma al contempo così riconoscibile, beh, dai, è proprio fica... insomma, Metronomy si, Froth pure, ma TV on the Radio porca puttana, loro mi fanno proprio vibrare tutto...

domenica 18 novembre 2018

Week 46/2018


  • Second song - TV on the Radio (Nine types of light, 2011) Nonostante tutto, ho sempre la cazzo d'impressione che io stesso sia il primo a sottovalutarli.
  • Trimm Trabb - Blur (13, 1998) Mi ci sono ritrovato con questa canzone nel parcheggio del lavoro, qualche uggioso giorno fa, senza nessuna voglia di uscire da quella zona di confort. Sapevo che non potevo restare ficcato al posto di guida di Pandabell per il resto della giornata, ma la forza di scendere, mettere il cappotto, lo zaino, modificarmi i lineamenti fino a raggiungere l'espressione impiegato modello, no, era troppo troppo difficile. Allora ho messo il repeat e mi sono detto appena finisce Trimm Trabb vado. Appena finisce Trimm Trabb vado. Appena finisce Trimm Trabb vado. Appena finisce Trimm Trabb vado. Appena finisce Trimm Trabb vado...
  • Realize my fate - Cloud Nothing (Life without sound, 2017) Mi aveva un po' tratto in inganno questo brano dei Cloud Nothing su cui mi ero imbattuto qualche mese fa e attorno al quale avevo fatto girare le mie speranze di aver trovato, era ora, dei buoni rumoristi. Beh, dei buoni rumoristi lo sono, è evidente, ma a livello di album resta una caratteristica poco approfondita, poco incisiva. Non è male come lavoro, ma a parte qualche brano come questo, il resto è tutto un po' power college rock con un'irritante voce canterina post adolescenziale. Li seguirò, perché sto pezzo è troppo bello per non darmi speranze, ma al momento direi che no, non è ciò che un lesterbanghiano come me cerca ovunque e in ogni momento. Amen.

domenica 11 novembre 2018

Week 44-45/2018

  • Renegades of funk - Rage Against The Machine (Renegades, 2000) Non sono un gran amante dei RATM tant'è che reputo quest'album di cover il loro miglior lavoro, però ieri ero solo a casa (stranamente) e ho messo il volume a palla e la riproduzione random e questa canzone, originariamente scritta e performata da Afrika Bambaataa, è stata la scelta di iTunes. Beh, porca puttana però l'effetto che fa sta roba al volume giusto e al momento giusto...
  • The photograph - Still Corners (Slow air, 2018) Per uno che millanta ignoranza in ambito pop come me non c'è niente di più appropriato che esaltarsi per un album che, sembrerebbe, non ha niente di originale. Che, sembrerebbe, è solo una riproposizione di vecchi catorci anni '80. Che, sembrerebbe, non ha niente di a-van-guar-dis-ti-co e davvero artistico. Niente di più appropriato. Che voglio dire? Proprio niente. Ah, quanto è pericoloso oggi avere un arrogante blog di musica pop!
  • To the Kino, again - Any Other (Silently. Quiently. Going away., 2015) Che vi devo dire, questa qui ha scavalcato una lista d'attesa alta quanto un palazzo di tre piani in via Plebiscito, ma ve lo dicevo che è l'ideale per rilassare le mie povere orecchie dai recenti frastuoni atroci. Non è certo un album che metterei a palla alla guida di Pandabell, però, a casa, un sabato sera o una domenica pomeriggio, fra un libro e una puntatina a Ponyville, ci può anche stare...

domenica 28 ottobre 2018

Week 42-43/2018 - La fine dei trent'anni...

  • Skies over Cairo - Django Django (Django Django, 2012) Mi ci sono imbattuto per caso, ma sto video collage Cleopatra - Django Django mi fa moriri... finalmente, dopo aver visto ciò, sono pronto ad archiviare l'album che si, è carino, ma alla lunga è risultato un po' noioso...
  • A hunger artist - Girls Names (Arms around a vision, 2015) Diciamo che, a proposito di video, questo di A hunger artist, o meglio, l'inizio di questo video, è l'unica cosa che mi fa sorridere ascoltando non solo la canzone in oggetto ma anche tutto l'album. Un po' noioso, questo lavoro che tre anni fa mi aveva solleticato le orecchie chissà perché, un po' già sentito, troppo pacato e troppo eterogeneo. Insomma, gli do un altro paio di possibilità e poi lo metto da parte, che tempo da perdere, io, non ne ho mica...
  • Acque sicure - Virginiana Miller (Il primo lunedì del mondo, 2010) Colonna sonora ideale e reale di questo week end appena passato, in giro per la Vaucluse, a cercare di far finta che sia stata una festa e non un funerale: ebbene si, bisogna che sappiate che finalmente é successo. Ho varcato la soglia dell'adultezza, ho lasciato le acque sicure e sono entrato, come i resti di un naufragio, nell'incognita della vecchiezza. Bah, speriamo bene!

domenica 14 ottobre 2018

Week 41/2018


  • Dying all the time - Helen (The original faces, 2015) Ho flirtato tre anni con quest'album, spostandolo dalla wish list a Spotify, dedicandogli una ricerca privata su eBay, ascoltando di tanto in tanto qualche brano su youTube. Tutto questo per niente, dato che ho appena scoperto che è una gran cagata. Come testimonia perfettamente questo brano non siamo al cospetto di altro che uno shoegazing di fattura orientale (dato che è li che ancora ne sono ossessionati, anche se, bisogna dirlo, ne hanno fatto un genere tutto loro) che ricorda troppo MBV, Asobi Seksu, Ride, Lemon Chair, Boredoms e altri tipi del genere che tanto ho messo da parte che manco i nomi mi vengono in mente... insomma, che vi devo dire? Cancello la ricerca su eBay, lo sposto dalla wish list alla did list e passo avanti. Pazienza, è così che vanno le cose...
  • Something - Any Other (Silently. Quietly. Going away., 2015) Invece l'altro giorno mi sono casualmente imbattuto in questo strano progetto italiano che si allontana molto da ciò che amo ascoltare di norma ma che si avvicina paurosamente a ciò che ascolto quando ho bisogno di cambiare aria. Questa Something è abbastanza punk per ricordarmi Clap Your Hands Say Yeah e altre chiccherie del genere, ma altri pezzi sono più... come dire? Intimi? Nickdrakiani? Non lo so, però sono interessanti, davvero. Io l'ho messa - questa Adele Nigro che si nasconde praticamente da sola dietro la sigla Any Other - in buona posizione della coda Spotify. Non dico che dovete fare lo stesso ma, insomma, datele una possibilità. Addio! 

domenica 7 ottobre 2018

Week 40/2018 - le tre canzoni preferite dei tre album preferiti sotto ascolto al momento


  • Exclusive grave - Rolling Blackouts Coastal Fever (Hope downs, 2018) A poco a poco ci sono arrivato. Questa è la mia canzone preferita di Hope downs. Mi piace un sacco ascoltarla sfrecciando su pandabell direzione mare (voir ufficio in zona industriale) o in vinile a casa in compagnia delle mie splendide donne (voir da solo dopo averle buttate fuori dalla stanza). Poi, certo, ha lo stesso difetto di tutte le altre canzoni: a un certo punto finisce. E anche troppo presto.
  • Default - Django Django (Django Django, 2012) Scegliere invece una canzone da questo di album è proprio difficile. Troppo vario, troppo bizzarro, troppo scoordinato. Al momento mi piace assai questa perché dentro ci sento di tutto, Beach Boys da spiaggia, un leggero dugga, una spruzzata di stramba psichedelia. Sia chiaro, tutto l'album è più che godibile, e mi dispiace aver tenuto questo cd in coda per quasi 6 anni, ma ecco, se dovessi scegliere una canzone, oggi, sarebbe questa.
  • Big maz in the desert - Swell Maps (Jane from occupied Europe, 1980) In questo caso, sarò sincero, non saprei dire se questo sia davvero il mio pezzo preferito da Jane from occupied Europe, ma potrebbe esserlo... ascoltate: rumore industriale a braccetto con energia punk, stridore, distorsioni, luce... sembra proprio uno dei semi dei miei frutti preferiti rock. Quindi, anche se non dovesse poi risultare la mia preferita dell'album, in ogni caso è da campionato pesi massimi!

sabato 29 settembre 2018

Week 39/2018


  • Blenheim shots - Swell Maps (Jane from occupied Europe, 1980) Questa canzone è assurda. Pur essendo uscita nel 1980, quindi abbondantemente dopo il rapido volo commerciale del punk e il dirompente arrivo del post-punk, può benissimo essere presa per il brano transizione fra i due movimenti. Chi, infatti, ascoltando questi splendenti 3 minuti e 40, potrebbe dire, senza ombra di dubbio, che questo è punk o che questo è post-punk? Quella chitarra tagliente e quella voce diabolica, non sono forse puro punk? Quelle tastiere acerbe e quel montare di volume e di suoni, non è forse postpunkissimo? Insomma, forse questa canzone non servirà a dimostrare che il punk raggiunse eccome l'obbiettivo di fare tabula rasa (rip it up) e ricominciare da capo (and start again) ma è utile a riassumere quello che successe, almeno dal punto di vista prettamente sonoro, in quel periodo meraviglioso, a mostrare il filo di congiunzione che lega il punk dei Six Pistols con tutti quei folli personaggi che si susseguirono dopo. Dunque, lunga vita ai fratelli Swell maps! Ah no, sono già morti entrambi... beh, questo fa molto punk. O forse no, aspè, forse fa più post-punk?
  • Sister's jeans - Rolling Blackout Coastal Fever (Hope downs, 2018) Come si ascolta quest'album sfrecciando su pandabell, vi giuro, a casa non si può... provateci, provateci:  gomito appoggiato fuori dal finestrino aperto, sole che precipita davanti a voi, ray ban calati sugli occhi e questa canzone, al volume giusto (questo lo decidete voi) mentre percorrete la Route de crete, per esempio, con il mediterraneo scintillante ai vostri piedi. Poi provate a farlo  sul divano di casa: non c'è un cazzo di posto per poggiare il gomito, il sole è nascosto da cemento su cemento, i ray ban che non vi fanno vedere niente e il volume che per moglie, figlia e vicini è sempre troppo alto. Allora? Che ne dite? Ho tre posti liberi, forza, si parte subito...

domenica 23 settembre 2018

Week 37-38/2018


  • Day of the dead ringers - Mclusky (Mclusky do Dallas, 2002) C'è differenza fra un gruppo che assomiglia ai Pixies e un gruppo che va oltre i Pixies e, i Mclusky, proprio questo sono stato: il gruppo che ha ripreso il discorso da dove i Pixies lo avevano drammaticamente lasciato per dedicarsi alle loro cacatine tipo Doolittle & co. spingendo la linea ancora più in la. Ora, lo so, lo so che state storcendo il naso, che i Pixies non si possono toccare, che Black Francis è dio e Kim Deal è dia, ma le cose stanno cosi. Punto e basta. 
  • Cappuccino city - Rolling Blackout Coastal Fever (Hope downs, 2018) Lungi da me dire che quest'album non sia molto più che bello. Lungi da me dire che non sia pieno di belle canzoni, nella scrittura e nel mood. Lungi da me non consigliarlo a tutti. È solo che non riesco a goderne come vorrei e come merita. Come quando trovi la donna perfetta ma non riesci a innamorartene per quanto sai che sarebbe la cosa giusta. Insomma, forse è arrivato al momento sbagliato, forse il feeling crepuscolare andava bene (per me) per un Ep mentre perde qualcosa (per me) nella lunga distanza, ma il fatto è questo... non riesco a consumare questo vinile nel piatto, non riesco a mandarlo in loop. Spesso, addirittura, mi scordo anche che esiste. Eppure è cosi bello. Niente, è un po' come essere masochisti, in fondo...
  • Pizza e fichi - Tredici Pietro (Pizza e fichi singolo, 2018) Lo so che vi state chiedendo se io lo so, e vi assicuro che si, io lo so. E so anche che vi state chiedendo se io ci sono o ci faccio. E vi assicuro che si, io ci sono.

domenica 9 settembre 2018

Week 36/2018

  • Reaching out for a friend - Coral (Move through the dawn, 2018) È inutile, non potrò mai (più) essere obiettivo con i Coral. Si sono guadagnati il mio amore sedici anni fa, il mio rispetto tredici anni fa e la mia fiducia poco dopo. E, album dopo album, continuano ad alimentarla con gemme come questa. Merci.
  • Acumulación - Borja Flames (Nacer blanco, 2016) Ecco, ieri sera mi sono ritrovato sul più bel tetto di Marsiglia col tramonto che infuocava il mare, cosi vicino che sembrava partecipasse alla festa, birra in mano e questi signori che facevano la loro cosa (come si suol dire) sul palco. C'era qualcosa di perfetto, in quel momento, qualcosa di perfetto, di malinconico e grandioso. Quando qualcuno mi ha chiesto, non ricordo chi e perché, cosa desiderassi di più, io ho risposto pronto: che si cristallizzasse il tempo. Che si cristallizzasse il tempo...

domenica 2 settembre 2018

Week 35/2018

  • Desert eye - Black Bones (Kill kill, 2017) L'estate che volge al termine è sempre spunto di cliché, adorabili cliché, tristi, depressivi, rabbrividosi, colorati, amichevoli, romantici, commoventi e malinconici cliché. Non so di che parla sta canzone, ma mi pare la colonna sonora perfetta per l'estate che volge al termine. E, ovviamente, per i suoi adorabili, tristi, depressivi, rabbrividosi, colorati, amichevoli, romantici, commoventi e malinconici cliché.
  • Bleed - Shannon Wright (In film sound, 2013) Inutile negarlo, mi sono preso una cotta, non tanto per quest'autrice, - troppo schizofrenica, troppo eterogenea - ma per quest'album, nero, compatto, duro. Bleed è fra le tracce meno caustiche e abrasive, incastonata fra gli altri pezzi come una boccata d'aria in mezzo a giorni feroci. Eppure, credo che con un titolo così, il testo non sarà proprio una passeggiata rigenerativa. Magari è solo la quieta prima e dopo la tempesta. Un tranello. Beh, comunque, ora me lo vado a leggere e poi vi dirò.
  • I'd rather dance with you - Kings of Convenience (Riot on an empty street, 2004) Qua si cominciano a sentire quei suoni più tipici dei gruppi paralleli di Erlend come i favolosi The whitest boy alive eppure, non so come, ma ci sta, questa canzone, in un album più o meno acustico come Riot on an empty street. Nonostante il continuo lamento delle restanti undici tracce (esclusa quindi Misread), non stona. E poi, il video è troppo fico.

sabato 25 agosto 2018

Week 34/18

  • Misread - Kings of Convenience (Riot on an empty street, 2004) Mi stranisce che questa canzone finisca per la prima volta solo oggi fra le righe di questo scellerato blog. Eppure, è una delle mie preferite. E c'è un motivo, anche se è un po' difficile da spiegare. Ha a che fare con la geografia. E con gli stereotipi. Diciamo che anche al primo ascolto, non si può non capire che questa canzone viene dal nord. Da molto nord. Trasmette una sensazione di calda pace che richiama posti come Olanda, Belgio, Danimarca e, ovviamente, Norvegia. Richiama piccoli uomini e piccole donne che vivono in case dai pavimenti in legno - su cui si può camminare sempre scalzi - e termosifoni sempre a palla - da sonnolenza. Prati assolati da un sole glaciale e scintillante. Autobus puntuali. Birra, funghi in padella e suicidi. Ecco, ve l'avevo detto che era una questione di geografia e stereotipi...
  • Dreams - TV on the Radio (Desperate youth, bloodthirsty babes, 2004) Sarebbe ridicolo provare a trovare qualcosa di nuovo da dire su ogni canzone dei TOTR che scopro mi piaccia. Fate un po' voi, datevi da fare, toglietemi un peso di dosso: ascoltate, per favore, la batteria, che non è rock, non è rap, non è niente. Ascoltate quella specie di bassa sega elettrica che ritaglia il perimetro dell'intero pezzo. Ascoltate quella voce di Tinde cosi bizzarra, cosi diversa da quelle in giro (ma in senso piacevole, mica come il tizio che canta nei CYHSY)... insomma, fate un po' voi! Ascoltate, fatevene un'idea e scriveteci qualcosa!
  • Collagen rock - Mclusky (Mclusky do Dallas, 2002) Ciò che ci sento io qua dentro? Beastie Boys, Fugazi, Sonic Youth, qualcosina-ina-ina di Shellac, di Pixies e di qualcos'altro ancora che non riesco a identificare. Eppure, ad ascoltare bene bene, tutto ciò che sento dentro questa canzone è Mclusky: una band personalissima e sottovalutata, capace di imitare ma difficile da imitare. Love them!

domenica 19 agosto 2018

Week 33/2018

  • Clowns - Goldfrapp (Seventh tree, 2008) Ho passato l'ultima settimana in un posto che chi mi conosce potrebbe benissimo definire come quanto di più vicino al mio personale inferno: un villaggio turistico. Un vero villaggio turistico. Con tanto di animatori. Con tanto di mini-club. Con tanto di gente scoppiata da tutta la Francia. Di piscina. Di bambini molesti. Di adulti molesti. Simpaticoni. Gente troppo bianca per esistere davvero. Case di plastica. Cucine di plastica. Cessi open space. Vicini di appartamento. Alcol scadente. Mini-market tipo furto autorizzato. Gatti emaciati che venivano a chiedere la carità. E poi, ancora, musica latina sparata dappertutto, orari per tutto, per mangiare, per bere, per bagnarsi, per uscire, per rientrare. Un vero inferno. Ma la cosa peggiore fra tutte queste è stata la colonna sonora che mi sono auto inflitto per una settimana per non disturbare le povere orecchie dei miei simpaticissimi vicini di casa troppo bianchicci per esistere davvero che, al contrario di me, in quel villaggio turistico, in quel vero villaggio turistico ci sguazzavano beatamente: questo noiosissimo album di Goldfrapp del 2008. Probabilmente l'unico noioso di tutta la loro carriera. Probabilmente l'unico album che avrei potuto davvero scegliere come colonna sonora per questa vacanza.
  • To hell with good intentions - Mclusky (Mclusky do Dallas, 2002) E dire che, proprio la sera prima di consegnarmi in quell'inferno, avevo scoperto questo gruppo gallese che risulta essere fra i preferiti e fonte di ispirazione dei miei amati Girl Band e ora anche per me. Quello che capii quella sera? Intanto, che se provo noia per Metz, Idle & co, c'è un logico e sensato motivo per quanto fino a quel momento inconscio. Poi, che le canzoni pop possono essere profetiche. Cazzo se possono esserlo...
  • Meglio - Andrea Laszlo De Simone (Uomo donna, 2017) Al ritorno poi, giusto perché l'inferno è più che altro uno stato mentale, ecco che decido di continuare a fracassarmi le palle con roba che non mi piace, che non mi piacerà mai, che ascolto solo perché sennò non avrei una colonna sonora adatta per l'inferno o meglio, diciamo, che se ascoltassi altro forse non potrei più lamentarmi di essere all'inferno... insomma, è un po' come la depressione: se non ascoltassi De Simone, di cosa mi potrei più lamentare?

giovedì 9 agosto 2018

Week 32/2018

  • Il mio D.J. - Subsonica (Microchip emozionale, 1999) Ecco cosa significa passare le vacanze con una bimba di neanche cinque anni: svegliarsi la mattina canticchiando un vecchio classico della propria giovinezza e rendersi conto che il ritornello micidiale io sono il mio DJ, passo le notti in questa città è diventato chissà quando io sono Pinky Pie, passo le notti a Ponyland. Che poi, non è il peggio. Il peggio è rendersi conto di desiderare modificare tutto il resto del testo secondo la nuova ambientazione, e per giunta esserne felici...
  • Deathco - Black Bones (Kill kill, 2017) A proposito di noia, avevo davvero riposto tante aspettative in quest'album d'esordio dei Black Bones che mi avevano tanto deliziato al TINALS, tanto che l'avevo messo in cima alla priorità... invece, è pieno zeppo di canzoni come questa, inutili, già sentite, adatte per le feste di compleanno di nostalgici anni '70 e '80... e questo brano, a mio parere, è uno dei migliori, o meglio, uno dei più originali... boh, forse sono io che invecchio, velocemente, precocemente, inarrestabilmente... oppure è solo che io, come sempre, non ne capisco poi granché di ste cose...

mercoledì 1 agosto 2018

Week 31/18

  • Staring at the Sun - TV on the Radio (Desperate youth, bloodthirsty babes, 2004) Vi spiego. Qui a Aix, oggi 1 agosto 2018, ci siamo svegliati con circa 40 gradi all'ombra; con meno tre giorni alle vacanze; con Giulietta che ogni cinque minuti vomitava in un differente letto o divano della casa. Quindi, con 40 gradi all'ombra, niente ufficio con aria condizionata per me e pronto soccorso pediatrico per lei. La città era vuota, cosi come lo era l'ospedale. L'asfalto fumava e il luccichio del sole riflesso ovunque mi faceva chiedere cosa ci facessi li, a mezzogiorno, a vagare per le strade arroventate. Come per risposta, ecco che all'improvviso il mio cervello comincia a riprodurre in loop questa canzone. Intervallata, tipo la pubblicità su Spotify, da una carrellata irriproducibile di male parole...
  • Let the cool goddess rust away - Clap Your Hands Say Yeah (Clap your hands say yeah, 2004) Quest'album vanta indubbiamente un'invidiabile immersione totale. Ci si immerge con la prima canzone e se ne riemerge, a prendere aria, soltanto con l'ultima. Già non è cosa comune mantenere una coerenza simile in un album d'esordio e per di più qui si sono messe assieme, una dopo l'altra, canzoni proprio belle, ben scritte e ben suonate e non esattamente convenzionali. Basta ascoltare questa Let the cool goddess rust away per farsi un'idea. Come il resto dell'album, non è che colpisca subito al primo ascolto - voce sgraziata, testo da decifrare, scrittura solo apparentemente già sentita - ma si insinua poi a poco a poco, man mano che la fiducia reciproca artista-ascoltatore va ad aumentare. E questo, a mio parere, succede solo quando il lavoro è stato ben pensato e ben trattato. Insomma, per farla breve, se al primo ascolto st'album mi aveva fatto quasi cagare - troppo hipster, troppo biondo - adesso ho difficolta a toglierlo dalla playlist. Pur tuttavia, sembra che sia l'unico in famiglia ad apprezzarlo e quindi gli ascolti avvengono quasi in clandestinità. Eh già, che mala vita amici miei, che mala vita...
  • Mire - Shannon Wright (In film sound, 2013) Beh, sembra che il ripasso stia andando per le lunghe. Forse è che in cd il suono è ovviamente migliore rispetto a Spotify e il mio sensibile orecchio se ne accorge, oppure è che finalmente posso ascoltarlo anche in macchia. O forse è che finalmente non c'è più quella rottura di palle della pubblicità! Fatto sta che grazie a questo reinserimento in playlist di In film sound sto assaporando adesso anche il nero dei brani che inizialmente mi erano sfuggiti, come quello di questa Mire. Ah, giuro, se non avessi in mezzo ai piedi due donne che alle 21 e 10 già dormono (da due ore) e dei vicini di casa così cacacazzi che mi hanno persino minacciato di ritenermi responsabile per qualsiasi cosa dovesse loro succedere, bisognerebbe proprio aspettare l'ora più nera della notte per poter sparare, ad adeguato volume, queste splendide perle rumoristiche. Una dopo l'altra e poi di nuovo daccapo.

lunedì 30 luglio 2018

Week 30/18 - tripletta in ritardo

  • Captive to nowhere - Shannon Wright (In film sound, 2013) Sono sommerso dagli album in ascolto, è chiaro che devo aver fatto qualche errore da qualche parte. In più, giusto per affossarmi e deprimermi ancora di più, ecco che ritiro fuori un album che era stato già ascoltato, goduto e archiviato da tempo, ovvero In film Sound della buona Shannon Wright. Perché l'ho fatto? Perche l'ho dovuto fare. E perché l'ho dovuto fare? Perché settimane fa avevo acquistato da uno dei miei spacciatori di fiducia una copia in cd di questo lavoro, un raro acquisto tanto istintivo quanto presto, prestissimo dimenticato. Probabilmente ci colpa qualche bicchiere di troppo di Pinot Noir Bourgogne. Ma insomma, succede dunque che sabato mattina, quando mi suona il postino e mi consegna sto pacchetto quadrato, casco dalle nuvole. Che è, gli chiedo. Cazzo ne so, risponde. Poi apro, ritrovo quella pochette fantastica e familiare, e le cose cominciano e tornare al proprio posto nel mio cervello. Allora mi sono stravaccato sul divano, ho aperto una bottiglia di Pinot Noir Bourgogne e ho premuto play col telecomando. Quindi, versandomi il primo bicchiere, ho alzato il volume a palla. Un ripasso, in casi come questi, non si rifiuta mai e poi mai.
  • Taliking straight - Rolling Blackouts Coastal Fever (Hope downs, 2018) Sapete ormai come funziona: nel 2018 ascolto gli album usciti nel 2017, nel 2017 ho ascoltato quelli usciti nel 2016, nel 2016 quelli del 2015 e cosi via. Che poi sarebbe un po' come bere nel 2018 un Pinot Noir Bourgone del 2017, nel 2017 uno del 2016 e cosi via... é una questione di priorità, di rispetto e di tempistiche necessarie. Tuttavia però, per la stessa ragione ci sono quelle uscite che, invece di essere messe nella wish list di questo povero ritardatario o semplicemente in coda, finiscono per avere la priorità su tutto appena vengano pubblicate. Per farvi un esempio, è chiaro che un nuovo Slowdive avrà sempre la precedenza su un Alvvays, cosi come un nuovissimo Fazerdaze avrebbe probabilmente la precedenza su tutto, compresi gli Slowdive, tranne che su una pubblicazione Suuns o TV on the Radio. Insomma, ci siamo capiti e ancora, insomma, avete capito che questo primo album dei RBCF lo aspettavo da quasi un anno e quindi col cazzo che lo mettevo in coda a un XTC qualunque o a un Bjork minore che sono li da anni a prender polvere in attesa del loro turno. Prenotarlo, acquistarlo, scartalo e suonarlo sul giradischi è stato solo questione di un paio di click e un paio di firme alla posta (che per questo, lo stronzo del postino, non ha suonato mica alla porta). Risultato? Beh, sono cosi cazzoconfuso al momento con gli ascolti che ancora non ci ho capito quasi niente e per questo, e per tre bicchieri di Pinot Noir Bourgone che si sa aiutano la malinconia, la canzone che più amo al momento del disco è questa Talking Straight, già sentita live dalle parti di Nimes e che chiaramente mi colpisce perché non può non essere una out take di quel piccolo gioiello sotto forma di EP che è stato The french press dell'anno scorso. Oddio che tirata, è proprio vero che il vino è un ottimo sciogli lingua e sciogli dita, proprio vero...
  • All women love me - Insecure men (Insecure men, 2018) Questa invece è la terza traccia di un album che non riesco proprio a levare dalla playlist, soprattutto ora che sono al terzo bicchiere di Pinot Noir Bourgogne. Loro sono i bizzarri Insecure men dello sdentato Saul Adamczewski e del lennoniano Sean Lennon che, dopo avermi dato buca al TINALS di Nimes, avevo deciso di snobbare un po' senza peraltro riuscirci. Perché? Perché anche se suonano a volte un po' scontati e poco originali, come dimostra questa canzone, spesso risultato anche magnifici e sublimi, come dimostra sempre questa canzone. Insomma, la vita, così come la musica, dopo il terzo bicchiere di Pinot Noir Bourgogne, assume un aspetto assolutamente inatteso, gioioso e soddisfacente. Lo so che domani, rileggendo queste righe, proverò un forte senso di vergogna.  Ma che ci posso fare? Dopo tutto, mi basterà rimettere in loop All women love me, bere un paio o meglio tre bicchieri di Pinot Noir Bourgogne e la vita riassumerà di nuovo un suo pacifico senso...

lunedì 16 luglio 2018

Week 27/28/29 - 2018 - una tripletta post Camargue, post Pointu, post campionato del mondo

  • Seven nation army - White Stripes (Elephant, 2003) Questa canzone mi ha fatto schifo in tre diverse occasioni: nel maggio 2003, nel luglio 2006 e infine nel luglio 2018. Perche? Cazzi miei. E poi, in fondo lo sapete.
  • Heavy metal - Clap Your Hands Say Yeah (Clap your hands say yeah, 2004) L'approccio a quest'album è stato esattamente come la finale di ieri pomeriggio: pensavo sarebbe stato un trionfo e invece è stato un disastro. Però, chissà come, alla fine si salvano tutti, e la Croazia, e i Clap Your Hands Say Yeah.
  • The wrong way - TV on the Radio (Desperate Youth, bloodthirsty babes, 2004) Anche l'approccio a quest'album è stato esattamente come la finale di ieri pomeriggio: pensavo sarebbe stato una sorpresa e invece era tutto scontato. Solo che, a differenza della finale, in questo caso era giusto cosi. 

venerdì 29 giugno 2018

Week 26/2018

  • Who is it - Björk (Medulla, 2004) Forse questa è la canzone più tradizionale di Medulla, ed è per questo che, alla fine, quasi quasi posso dire che mi piace. Per il resto, anche se non sono d'accordo, è emblematico il lapidario commento scappato di bocca a Patrick durante la pausa pranzo: Björk? Yoko Ono fatta col Mac...
  • Control - Suuns (Felt, 2018) C'è qualcosa, in Felt, che ancora, dopo due mesi di ossessivo ascolto, mi spiazza completamente. Nonostante sia abituato a destrutturatori come Sonic Youth, Beatles (si, ho detto Beatles) e Uzeda la completa mancanza di riferimenti dentro le canzoni di quest'album è oscena. Affermazione questa assurda, considerando che Felt sia il meno originale degli album dei Suuns. Eppure, ascoltate questa Control: l'inizio sembra una favola dark e la fine una discesa agli inferi. In mezzo pura psichedelica da bianconiglio centrifugata a esperienza bristoliana. Innesti megafonati, scale aviarie, ticchettii calustrofobici. Su tutto, poi, quel ritmo perfetto di batteria e, che so?, xilofono forse? Bip di segreteria, soffi in cornetta, sospensione temporale. Addio. Sconvolto dopo ogni ascolto.
  • Eyes like pearls - Coral (Move through the dawn, 2018) C'è qualcosa di tenero in questo nuovo singolo dei Coral, qualcosa di tenero e malinconico che mi fa sorridere di un sorriso un po' amaro, come del resto amara è la malinconia, per non parlare della tenerezza. Aspetto senza troppa ansia il loro nuovo album previsto a settimane, ma la novità è che questa volta ho deciso di volare a Londra a ottobre per vederli in concerto. Sarà il mio regalo di compleanno. Un regalo un po' tenero, un po' malinconico e molto, molto, molto amaro.

venerdì 22 giugno 2018

Week 24-25/2018

  • Le futur N°4 - Rita Mitsuko (Rita Mitsuko, 1984) Ultimamente sono così depresso e così annoiato (ma soprattutto annoiato) che per trovare qualcosa di interessante devo rivolgermi al passato. Guardo vecchi film, spolvero vecchie foto e ascolto vecchie canzoni. In tutti i casi, i limiti tecnologici stabiliscono l'epoca. E in tutti i casi, la distanza del tempo stabilisce il grado di felicità.
  • In caustic light - Shannon Wright (In film sound, 2013) Qui si sta a metà strada fra ciò che amo e ciò che odio, ossia il rumore più atroce e il rumore più banale, ossia il noise rock e il grunge, o anche il noise rock e il match rock. Avevo adocchiato quest'album già un po' di tempo fa, ma non riuscendo a procurarmelo era finito - anch'esso - nell'attendoio di Spotify. L'ho ripescato  qualche giorno fa e ammetto che mi ci sono approcciato un po' titubante, proprio per quella sensazione di mezzo che avevo provato a un primo timido ascolto (e che ricorda ciò che era già successo con i Drive Blind) ma mi sa che mi sbagliavo. Dopo diversi ascolti posso dire che il compromesso fra rumore atroce e tradizione cantautoriale è micidiale. In film sound risulta un gran bell'album di cui questa In caustic light riassume bene lo spirito: rumoroso, pacato, sinuoso, insinuante, notturno e sufficientemente outsider per durare nel tempo senza sbiadire. Il vinile pare introvabile, ma il cd lo inseguirò ancora finché non troverà il suo posto nella mia patetica collezione. Nel frattempo, scusate se vi sembro un po' moscio, ma ve ne consiglio  l'ascolto.
  • NY excuse - Soulwax (Any minute now, 2004) Anche NY excuse, come la sopracitata In caustic light, rappresenta perfettamente l'album da cui è tratta, in questo caso Any minute now dei Soulwax, che ormai ascolto da mesi non proprio in heavy rotation ma con una certa curiosità. E finalmente, concentrandomi su questa canzone, ho scoperto cosa c'è che non va nei Soulwax: su zauddi, non ci ponu fari nente. Su proprio zauddi.

venerdì 8 giugno 2018

Week 23/18 - Post Nîmes

  • Loser - Beck (Mellow gold, 1993) Innegabile che le cose più eccitanti del TINALS sono quest'anno arrivate dalle nuove promesse, in particolare, per me, da Rolling Blackouts Coastal Fever e Fabulous Sheep, ma non è per questo che le delusioni dovevano essere cosi deludenti e i big cosi noiosi! Dico, mi rendo conto perfettamente del percorso artistico, eccezionale sia chiaro, di Beck nel corso di 25 anni, ma dopo averlo finalmente visto live non posso che definirlo Sua Deludenza Reale Beck. Otto persone sul palco, suoni puliti con la candeggina, movenze che manco Bono Vox in crisi mistica e poi, su tutto, quell'autobus nero, alle due del mattino, illuminato dal di dentro così da mostrare tutto, che portava già la ciurma al prossimo appuntamento, come da programma, da contratto, da bravi professionisti. Non era il Beck che mi aspettavo. Insomma, pensavo fosse un lo-fi e invece è proprio un ci-sei...
  • Snakedriver - Jesus and Mary Chain (The sound of speed, 1993) Altra delusione, però prevista questa, e comunque diversa da quella di Beck. Qui i signori JAMC hanno come suonato per un'ora la stessa canzone. Suonata benissimo, per carità, e poi, che canzone! Però ecco, questo è un gruppo che live dovrebbe stuprare le orecchie, prendere a pugni lo stomaco e sputare rumorosamente in faccia arrogante saliva infetta. Invece, ecco, fa solo comparire un sorrisino in faccia, fa montare il desiderio di ringraziare per la dedizione e poi di scapparsene via, per poter mettere la X della presenza accanto al loro nome. Un po' poco, mi pare, per il gruppo che ha scritto Psychocandy...
  • Kili kili - Black Bones (Kili Kili, 2017) Fra le delusioni cocenti bisogna anche inserire i giapponesi senz'anima dei DYGL (che però sono tanto piaciuti a Giuly), quella noia mortale dei Cigarettes after sex e, infine, Father John Misty che non è proprio che mi ha deluso ma è che, in fondo, mi fa schifo e quindi dopo due canzoni l'ho mandato a quel paese, o meglio sono andato via io. Sono andato via io dunque e sono finito sotto al palco di questi francesi Black Bones, un po' snobbati in fase di preparazione al festival ma che mi hanno proprio shockato live. Un po' per la presenza scenica - basta vedere questo video - ma soprattutto perché sono bravi, punto e basta. Scrivono belle canzoni e le suonano anche bene. Sono piaciuti anche a Francesca, a Giulietta e ad un altro migliaio di persone che salticchiavano allegramente sotto al palco. Chi è che aveva detto che il rock, in Francia, era come la famiglia arcobaleno in Italia, cioè inesistente?

venerdì 1 giugno 2018

Week 22/18 - Finding Nîmes


  • Different ways/same world - Fabulous sheep (Kids are back, 2016) Eccitati come degli scolaretti, a poche ore dalla partenza per Nîmes obiettivo Paloma, alle prese con una febbre che mi ha dato filo da torcere, recuperiamo all'ultimo secondo delle star, o potenziali star, che suoneranno domenica alle 15.10 (cazzo di orario) sulla scene mosquito... A tratti suonano un po' Muse (che schifo) a tratti un po' Undertones (già va meglio) a tratti... beh, vi diro' la settimana prossima se questi francesini di Béziers ci hanno solleticato in vano le orecchie o no...
  • Standing on the corner - Warmduscher (Whale city, 2018) Anche questo è spuntato fuori all'ultimo secondo, proprio mentre mi rassegnavo a perdere tempo con Francobollo, DYGL, Moaning e Mcbaise, questi sconosciuti che si, saranno bravi, va bene, ma non mi solleticano le orecchie più di tanto... non so da dove vengono, non so dove vanno, ovviamente, eppure stasera alle 21:30 sarò li, sempre alla scene mosquito, per godere di questo suono grezzo, zaurdo quanto basta e modernamente punk proposto da Warmduscher. Poi mi apposterò li, come una groupie dodicenne, e gli chiederò gli autografi...
  • Teenage toy - Insecure Men (Insecure men, 2018) Ecco invece un gruppo che mi sa che non riuscirò a vedere. Perché prima era segnato troppo tardi per Francesca e Giulietta, ora perché sembra che siano proprio spariti dal cartellone. Non saprei, ora indago. Ma sarebbe un peccato, in fin dei conti, dopo aver incrociato lo sdentato Saul per le strade speziate di Brixton, pensavo che ormai eravamo amici amici amici...

sabato 26 maggio 2018

Week 21/2018


  • After the fall - Suuns (Felt, 2018) Non vorrei che qualcuno, dopo questo post di qualche settimana fa, abbia pensato che qualcosa stia scricchiolando nel rapporto fra me e i meravigliosi Suuns. Beh, non è cosi. I Suuns restano, assieme ai Radiohead, i migliori sperimentatori elettro-rock in giro al momento (a parte che i Radiohead mi fanno cagare e loro no). Solo che sentirli su disco, dopo averli sentiti dal vivo, è un po' riduttivo. Tutto qua.
  • Slowdance - Soulwax (Any minute now, 2004). Questo disco mi è capitato fra le mani proprio qualche giorno dopo il post sui Pulp e il loro dancereccio pop di dopo domani. Quando ho letto la data di pubblicazione dell'album, 2004, ho arricciato il naso schifato: ah, ancora ci propinano per nuova roba che qualcun altro ha già fatto una vita fa! Che palle! Poi, all'improvviso, mi sono reso conto che fra il 1995 (data di pubblicazione di Different Class dei Pulp) e il 2004 ci sono solo 9 anni, mentre fra il 2004 e il 2018 (oggi) ce ne sono ben 14. Come dire, forse Any minute now non sarà proprio un disco di dopo domani, però porca puttana è giusto sottolineare che questi suoni dance e post industriali vengono certo da quasi l'altro ieri! È solo il tempo che è un gran bastardo.
  • Mi parli di te - Motta (Vivere o morire, 2018) Ecco, dopo lo shock Giorgio Poi (per la stampa miglior album italiano 2017), dopo la delusione Zen Circus (l'ultimo album sembra bello, ma al quarto ascolto si capisce che è una cagata), ecco lo schiaffo Motta: lasciamo perdere le aspettative, lasciamo perdere le interviste (o le iOnterviste), lasciamo perdere che di suonare sa suonare e di scrivere sa scrivere. La domanda legittima è: ma che cos'è sta cosa brutta a forma di album che ha dato alle stampe dopo quel piccolo gioiello rock che era il suo primo album?

domenica 20 maggio 2018

Week 19-20/2018


  • 610 - Mcbaise (Windowsill, 2017) Non è che sia il rock a essere in crisi, è che i gusti, le mode e le classifiche sono imprevedibili, punto e basta. Aggiungiamoci poi che 1) non possono essere tutti campioni e 2) il pubblico, addetti ai lavori e artisti hanno scarsa memoria. C'è chi la chiama rielaborazione, chi rivelazione, chi ripescaggio, chi riprendere un discorso prematuramente (e ingiustamente) interrotto ma il fatto è che il revival, a me, in generale, non mi cala giù... poi ci sono i casi come questi, tizi che fanno un revival di qualcosa che non si riesce neanche a identificare bene (allora dev'essere un crossover di revival (e il crossover, a me, è l'unica cosa che non mi cala giù peggio del revival, allegria!)) e quindi mi capita di ascoltare album per settimane e settimane, con una piacevole sensazione di familiarità ma senza nessun sussulto, senza nessun ardore, e mi pare solo di perdere tempo. Allora perché lo faccio? Perché fra meno di due settimane c'è il TINALS di Nimes, e questi Mcbaise sono in cartellone. E non sia mai che perda l'occasione di starmene in mezzo a un pubblico di ventenni senza la mia faccia schifata tipica di chi non riesce a farsi andare giu il revival figuriamoci il crossover di revival...
  • Come togheter - DYGL (Say goodbye to memory Den, 2017) Ah, questi addirittura verranno al TINALS direttamente dal Giappone per proporre il loro revival o, se non proprio revival, il loro noiosissimo discorso musicale già trito e ritrito, sentito e risentito non da ieri ma diciamo pure da quasi quarant'anni. Anche loro in heavy rotazione ultimamente chez nous per lo stesso motivo di prima, schifarli in mezzo al pubblico smemorato del festival. Ma anche perché, sinceramente, a differenza dell'amico Mcbaise, tutto sommato sti giapponesi scrivono bene le loro canzonette...
  • Common people - Pulp (Different class, 1995) E adesso non fate gli stronzi, non fatevi imbrigliare dal mio broncio, dalle mie sparate, dalla storia, dai revival, dalle minchiate varie, dai giapponesi, dalle cover, dalle reprise, dall'etichette, dagli artisti, da tutto quello che vi viene in mente perché anche se fosse uscita oggi, questa canzone che invece è uscita ventitré anni fa, col cazzo che saprebbe di revival o di crossover o di crossover di revival. Saprebbe sempre e inesorabilmente di domani, forse addirittura di dopodomani. Ma al TINALS, loro no, loro non ci saranno a farmi strappare i capelli in mezzo a un pubblico imbronciato e perplesso. No, non ci saranno...

domenica 6 maggio 2018

Week 18/18


  • X-alt - Suuns (Felt, 2018) Sta piovendo a dirotto, e X-Alt mi fa perdere ogni riferimento spazio-temporale.
  • Rosso e nero - Zen Circus (Il fuoco in una stanza, 2018) Sta piovendo a dirotto, e a volte Appino non capisco se abbia 39 anni e mezzo o quindici.

domenica 29 aprile 2018

Week 17/2018


  • Altrove - Virginiana Miller (Gelaterie sconsacrate, 1995) Non me n'ero accorto finora, ma questo esordio di ben 23 anni fa dei Virginiana Miller mi fa pensare, nei suoni (sopratutto delle chitarre) e nell'atmosfere a due pezzi grossi del rock siciliano dello stesso periodo: i Flor (del terzo album soprattuto) e Kaballà (degli esordi). Questa canzone in particolare, poi, mi sembra proprio che abbia delle similitudini fortissime. Forse è l'aggettivo tirreniche, oppure la parola treni, non lo so, forse il titolo che rimanda a distanze inconcepibili che non sono solo di spazio ma anche, e soprattuto, di stati d'animo e mentale ma insomma, sta canzone, ecco, mi fa pensare alla Sicilia, tutto qui...
  • Make it real - Suuns (Felt, 2018) Se dicessi che il percorso in studio dei Suuns è una delle cose più elettrizzanti della mia vita, chiunque oggi potrebbe dire che sia bugia. 
  • Translate - Suuns (Hold/still, 2016) Ma se dicessi che il percorso live dei Suuns è una delle cose più elettrizzanti della mia vita, beh, allora, nessuno, ne oggi ne mai, potrebbe dire che sia una bugia.

domenica 22 aprile 2018

Week 15-16/2018


  • Sweet release - Coral (Move through the dawn, 2018) Queste ultime due settimane sono state caratterizzate da eventi straordinari: un week end lungo a Paris, un precoce quanto violento quanto legittimo scampolo di estate provenzale che ha portato a temperature attorno ai 25 gradi, la Roma che rifila un 3 a 0 al Barcellona e si qualifica alle semifinali della Champions League, i vicini di casa che per ben due sere di fila hanno mantenuto il loro merdosissimo apparecchio televisivo a volumi decenti e poi, sommo gaudio, l'uscita del nuovo singolo dei Coral che anticipa l'album in arrivo fra qualche settimana. Poi, che la canzone in questione sia bellissima nonostante un po' scontata, beh, questo non ha proprio niente di straordinario... 
  • Andate tutti affanculo - Zen Circus (Andate tutti affanculo, 2009) Prima di imbattermi nel loro ultimo album (in heavy rotation al momento) questa era l'unica canzone dei Zen Circus che conoscevo. E non mi piaceva. Ma ora, grazie alle strofa "a chi critica, giudica, elogia, figli si troppo di madre noiosa. L'arte è pensiero che esce dal corpo, ne più ne meno come lo sterco", potrebbe quasi quasi diventare l'inno ufficiale di questo misero blog. Che fa, lo faccio?
  • 1 2 3 get ride of me - Drive Blind (Be a vegetable, 1996) E a tal proposito, visto che sono un criticone senza speranze, uno spara sentenze, un fanfarone, un gradasso senza ritegno, un arrogante, piacione, ipocrita, sbruffone, un buffone che critica, giudica, elogia senza un minimo di comprensione di ciò che sia fare arte, ecco che torno come sempre sui miei passi e dico che si, Be a vegetable dei Drive Blind è, eccome se è, un eccellente album noise. C'è si qualcosa di piuttosto grunge, qua è la, nella struttura standard delle canzoni e nelle chitarre meno spregiudicate, ma cazzo se è un album noise di ottima fattura. Ottimo sterco fuoriuscito dal corpo!

giovedì 5 aprile 2018

Week 11-12-13-14/2018


  • Catene - Zen Circus (Il fuoco in una stanza, 2018) Vi giuro che ho avuto i miei buoni motivi per sparire cosi per quattro settimane: estrazione di cinque denti del giudizio, vagabondaggio per le streets di Londra con Andrea, Pandabell che mi ha lasciato a piedi complicandomi la vita; ma vi giuro che ho altrettanti buoni motivi per tornare oggi come se niente fosse: questa canzone dei Zen Circus signori! Questa canzone dei Zen Circus e il suo bellissimo video!
  • Hypnotised - Undertones (Hypnotised, 1980) Ecco un altro buon motivo per tornare fra queste pagine. Nonostante in qualche post precedente lo abbia paragonato a cose già sentite, facendo anche intendere di snobbarlo un po`, devo ammettere che quest'album degli Undertones è veramente una spanna più in alto rispetto alla roba a cui io stesso lo avevo già paragonato: Wire, Xtc, New York Dolls anche, Stranglers. Certo però, il discorso non vale se lo paragoniamo alle cose dei Kinks, Who e Pretty Things, per esempio. Quindi mi sto un attimo cazzoconfondendo, lo ammetto. Facciamo cosi. Diciamo che le cose degli Undertones stanno in mezzo alle cose di tutti questi elencati, ecco. Si, diciamo proprio che stanno in mezzo a tutti questi, si...
  • Fear - Drive Blind (Be a vegetable, 1996) C'è stato un momento, un paio di estati fa, che a causa di questa canzone mi stavo per svenare, lanciandomi nell'acquisto di una ristampa deluxe di questo album ca-po-la-vo-ro del rock français che sarebbe Be a vegetable... meno male che non l'ho fatto! Fear infatti è un faux ami, uno specchietto per le allodole, una vera e propria mossa Kansas City! Messa li in prima fila fa credere all'ascoltatore di trovarsi al cospetto di un album noise di ottima fattura ma, lasciando posto alle tracce successive, scopriamo che l'ottima fattura resta, ok, ma i propizi segnali rumoristici si addomesticano subito subito in un noiosissimo grunge fotocopia dei grungisti più noiosi americani. Che noia! Per fortuna ai tempi, chissà per quale motivo poi, non feci l'incauto acquisto delegando a Spotify, solo recentemente, il compito di colmare questa lacuna. Beh, direi una trentina di euro risparmiati e la figura da nerd intellettuale post punk con la puzza sotto al naso assicurata! Ah, c'est la vie!

domenica 11 marzo 2018

Week 10/2018


  • L'uomo di paglia - Virginiana Miller (Gelaterie sconsacrate, 1995) Se dovessi dire di cosa parla questa canzone tratta dal primo album dei Virginiana Miller direi che parla di vergini immacolate, di campi, di sangue e uomini di paglia. Poi, come queste cose siano legate fra di loro, quello invece no, non saprei proprio dirlo. Mi dispiace, ma a un certo punto mi distraggo sempre e perdo il filo del discorso. Di cos'è che parla, dunque?
  • My perfect cousin - Undertones (Hypnotised, 1980) Certo, dopo esser cresciuto a Beatles, Pretty Things, Kinks, Wire, Who, Stranglers e simili scoprire all'improvviso gli Undertones non è che mi faccia proprio saltare dal divano, strapparmi i capelli o pensare uh, che freschezza. Però si fanno ascoltare con piacere, questi nordirlandesi tanto amati da John Peel, e avere questo loro secondo album in vinile da un tocco abbastanza autentico a tutta la storia. Poi, che questa canzone in particolare, si chiami My perfect cousin, rende tutto ancora più piacevole. E per chi scrive e per chi frequenta queste pagine...
  • That's what it takes - George Harrison (Cloud nine, 1987) E, approfittando dell'assenza a tempo indeterminato di mio cugino - alias my perfect cousin - da queste pagine, mi prendo il coraggio di ammettere che si, in questo periodo, per la serie "colmo lacune", ascolto questo bellissimo Cloud Nine di George Harrison, cioè il miglior Beatle post Beatles. Certo, non è un album invecchiato benissimo, la produzione è cosi anni '80 che neanche Cindy Lauper e Phil Collins potevano fare peggio. Ma la scrittura è immensa, l'esecuzione impeccabile, la verve briosa. Peccato davvero per quei capelli e quella camicia che George sfoggia in copertina. Sono persino più anni '80 dell'album intero.

domenica 4 marzo 2018

Week 09/2018 - non so perché la formattazione ancora non funziona bene...

  • A pure person - Lim Giong (Millennium mambo OST, 2008) Per farsi un'idea del lavoro di questo tipo taiwanese, non c'è niente di meglio di dare un'occhiata ai commenti youTube sul video di questo brano: 去年在台北電影節的某一段介紹片中聽到這首配樂,前奏一出來馬上就被吸引了,當下以為是哪首新歌,結果找了之後才發現是距今14年前林強的作品,立馬覺得所謂音樂跨時代的渲染力就是這樣吧,致上無盡的敬意, 任何電影只要一配上林強的配樂,我都私心先加到80分以上..., 剛從兄弟本色連接到這 真是洗滌我的耳朵..., 春夏大秀特別選用林強在電影《千禧曼波》的開場配樂《A Pure Person》,當時舒淇一邊抽著菸,灑脫大步走在基隆天橋下,搭配林強的電子襯樂,還有他自在呢喃哼唱,這一幕開場成為全片經典 經典永遠跨時代, 林強大概是台灣樂壇少數能急流勇退的歌手 轉幕後工作的音樂人, ME GUSTO MUCHO SORA AOI ADALAH ME GUSTA MUCHO TU ACTUACIÓN DIOS TE BENDIGA AMOR TE QUIERO. GOD IS LOVE, 林強是台灣樂曲界的天才級創作者 他的音樂超越時空 還得過國際大獎肯定 目前退居幕後 在盡情音樂之餘也沉浸佛道 今天他已茹素 對於他走上修行之路 我不會感到意外 因為 從他的音樂質感與素養就可以感覺得出來他不是一個普通人. Interessante, no?
  • Pablo & Andrea - Yo La Tengo (Electr-o-pura, 1995) Potrei fare lo stesso per questo brano dei miei amati Yo La Tengo, ma sarebbe inutile, si sa come siamo noi fan di YLT, tutto un farsi pompini a vicenda... quindi, l'invito è a farvene un'idea da soli: alzate bene bene il volume dello stereo, premete play, mettetevi comodi e aspettate il decollo. Quando tornate, poi mi dite...
  • Teenage kicks - Undertones (Teenage kicks EP, 1978) In questo periodo gira spesso sul mio piatto il secondo album degli Undertones Hypnotised, ma da ieri mattina, non so perché, non riesco a smettere di mettere e rimettere in loop forsennato questo loro brano di esordio, uscito nell'ottobre 1978, cioè nello stesso momento in cui tecnicamente sono uscito anche io. Chissà cosa pensa Giulietta quando vede un vecchio di quarant'anni, il sabato mattina, ancora in vestaglia e con la barba lunga, esaltarsi per quattro note ribelli suonate da quattro idioti... chissà cosa pensa Giulietta che sia successo di cosi strano nell'universo in quell'ottobre di quarant'anni fa. Chissà cosa pensa Giulietta di questi maledetti sogni giovanili, cosi difficili da distruggere...

domenica 25 febbraio 2018

Week 08/2018


  • Blue bird - Hope Sandoval & the Warm Inventions (Through the devil softly, 2009) La domanda è la stessa che di tanto in tanto mi pongo per altri artisti come Bob Dylan, Pink Floyd (no, forse per loro no), Queens (no, manco per loro in effetti), Rolling Stones, Kurt Vile, Marc De Marco, Tim Buckley, Hugo Race, Cesare Basile, Giorgio Canali, Cristina Donà, Bellini, Frank Zappa e Afghan Whigs, solo per citarne alcuni: se questa canzone è bellissima, come in effetti è, com'è che non mi piace?
  • No pussy blues - Grinderman (Grinderman, 2007) Ultimamente Pandabell se ne sta parcheggiata in strada per giorni e giorni senza essere utilizzata. Non è un problema personale fra me e lei, è che qualche stronzo, quando  l'ho re-immatricolata qui in France due anni fa, mi ha rilasciato la carte grise, cioè u librettu, con un clamoroso errore che è rimasto occulto a tutti, a me, a Francesca, a Giulietta e persino a Nick Cave e ai Grinderman al completo, fino a quando non mi sono trovato a passare la fantozziana pratica del control techniques, cioè a revisioni, con un tizio che a un certo punto mi ha guardato e, sventolando sto schifo di carte grise e puntandomi un dito contro, mi ha fatto: ah ah! Insomma, per farla breve, Pandabell parcheggiata in strada al freddo e al gelo e io costretto, in attesa della nuova fottuta carte grise, a utilizzare l'autobus per i lunghi tragitti casa lavoro lavoro casa. Noia mortale. Nessuno con cui parlare e leggere mi fa venire la nausea. Ma la cosa peggiore è che non posso ascoltare altro che quei rumori di sottofondo fatti da chiacchiere inutili fra adolescenti, suonerie di telefono, scricchiolii di corpi che si spostano impacciati, respiri affannosi, respiri complicati, respiri asmatici, respiri irregolari e poi musica di merda ovattata che esce dai auricolari, clacson impazziti e imprecazioni buttate qua e la. Ed è in questi lunghi momenti di sconcerto che mi rendo conto di quanto Nick Cave e Pandabell siano importanti per me. Si, si, è proprio in questi momenti...

domenica 18 febbraio 2018

Week 07/18 - una tripletta con formattazione sballata, non so perché, forse a causa della nostalgia...


  • Corinne - Metronomy (The english riviera, 2011) "I've got my heart tied up, now with the boom and the bang, I'm not gonna fire you again"... cercavo una scusa per riproporre questa canzone a distanza di due anni e mezzo dalla prima volta che è apparsa in queste pagine e di non so quanti giusti ascolti a casa, in macchina, al lavoro e altrove ma non volevo metterla sul sentimentale, non volevo farvi sapere che questo pomeriggio sul divano con Giulietta l'abbiamo ascoltata tre quattro (cinque, per l'esattezza) volte di seguito scuotendo la testa e stringendo, entrambi, il labbro inferiore con i denti e quindi, insomma, faccio finta che per la prima volta sia rimasto colpito da questa strofa del ritornello con quei deliziosi boom e bang e so che capirete, so che capirete...
  • When the sun hits - Slowdive (Souvlaki, 1993) Poi non lo so com'è successo, colpa dell'algoritmo immagino, ma in maniera del tutto autonoma youTube ha deciso di sparare in orbita quest'altro pezzo di me, che mi chiedo quanto ne sia finito in Giulietta, non ne capisco molto di DNA e procreazione in generale, ma so che anche in questo caso, ancora a distanza di due anni e mezzo dalla prima volta e migliaia di ascolti ovunque (e non so quanti tentativi di evangelizzazione), ho creduto giusto riproporre... avrei potuto prendere come scusa la mise di Rachel, che da sola vale la visione del video, ma la realtà è che a un certo punto Giulietta mi ha abbracciato e mi ha detto "ah ti piace sta canzone, ah!?!?!"...
  • Decora - Yo La Tengo (Electr-o-pura, 1995) Adoro Yo La Tengo, lo sapete bene, e per me possono anche scoreggiare nel microfono e lo farebbero senz'altro meglio di chiunque altro tranne My Bloody Valentine, Girl Band, Sonic Youth, Dark Horses, Uzeda, Coral, TV on the Radio, Suuns, Day Ravies, Slowdive, Nick Cave, TOY, Public Image Limited, Afterhours secondo periodo, Beatles, Fazerdaze, Fufanu, Flor e non so come comportarmi con Depeche Mode e Paolo Conte, ma il punto è: in trent'anni di carriera, quante volte hanno fatto e rifatto e registrato e proposto e riproposto la stessa identica - per quanto sublime - canzone?

domenica 11 febbraio 2018

Week 5-6/2018


  • Tu es Tuée - Prohom (Peu import, 2004) Ci sguazza, il buon Philippe Prohom, nel wireiano Dugga... altro ritmo serrato, altro bellissimo brano da questo Peu Import, altra lezione di francese da parte di Giulietta: papa, on dit pas TU ES TUÈE, on dit tu es tuée... ed è solo colpa mia gente, solo colpa mia...
  • Honey bee (let's fly to Mars) - Grinderman (Grinderman, 2007) L'altro giorno parlavo con Marco e a un certo punto lui mi fa ma scusa tu sei miope o astigmatico così a brucia pelo senza preavviso senza 24 ore di tempo per prepararmi a un esame del genere a insomma una domanda cosi difficile per me io gli rispondo non lo so davvero non lo so o meglio lo so ovvio che lo so porto gli occhiali da 27 anni caro Marco solo che non mi entra in testa tutto qua però dico ancora io non ci vedo bene da lontano e ho qualche fastidio anche da vicino allora lui mi dice se non sbaglio che sono miope ma che per fortuna si ha proprio detto per fortuna la miopia si auto-compensa in parte evidentemente con un pò di astigmatismo o forse ha detto il contrario io non lo so proprio non riesco a ficcarmelo in testa dio santo non sono quel tipo di persona che sa queste cose che ha cellette di memoria nel cervello dedicate a queste cose io sono più il tipo ma tu lo sai che Jim Sclavonus batterista attuale di Nick Cave e ex Sonic Youth e Grinderman si è fatto sverginare nel cesso del CGBG's una notte di 40 anni fa da nientepopodimeno che Lydia Lunch ecco sono più quel genere di persona piena di informazioni del tutto inutili che per fortuna comunque evita di sciorinare per non sembrare ancora più idiota di come si sente quando parla con persone che sanno perfettamente la differenza fra miopismo e astigmatismo ecco proprio così...
  • Goodmorning captain - Slint (Spiderland, 1991) Tipico esempio del lavoro di scrittore, detto anche furto della vita altrui: chi mi segue lo sa, non ho mai avuto un buon rapporto con gli Slint, troppo slowcore e nichilisti per i miei gusti, però, avendo qualche tempo fa acquistato una ristampa in vinile di Spiderland, avevo deciso di dargli una seconda possibilità che, comunque, non stava dando grandi frutti...  poi, una notte della scorsa settimana, mi addormento sfatto sul divano grigio per svegliarmi di soprassalto dopo un tempo imprecisato assetato, spaesato e con una chitarra dispettosa che esce dalle casse devastandomi il cervello attraverso le mie povere orecchie. Spalanco allora gli occhi e comincio a pormi domande non ricordandomi neanche cosa avessi calato nel piatto prima di addormentarmi. Ma è bellissimo sto pezzo, mi dico, ma chi cazzo sono? Mi alzo, mi avvio verso lo stereo et voilà, erano proprio gli Slint... come mi fosse sfuggita questa nera e acida Goodmorning captain, con quella devastante chitarra di Brian McCahn, è un pericolosissimo mistero al quale non riesco a dare risposta. Ma per fortuna le cose sono cambiate per cui, come si suol dire, e vissero insieme felici e contenti (io e gli Slint) e per il buon Piergiorgio niente diritti d'autore e manco un grazie disinteressato...

domenica 28 gennaio 2018

Week 04/2018


  • Amo XO - No Vacation (2015) E' la prima volta che pubblico il link di un intero EP e non di una singola canzone, in barba al titolo di questa rubrica, ma la coerenza non è il mio forte e in ogni caso, essendo mia questa rubrica, faccio un po' quello che cazzo mi pare. Dunque, dicevo, è la prima volta che pubblico il link di un intero EP e non di una singola canzone e quindi, come tutte le prime volte, sono un po' eccitato quanto cazzoconfuso... intanto, perché ho preso questa decisione? Perché conosco canzoni che da sole durano più di questo intero EP. Poi, perché trasgredire proprio con i No Vacation? Perché questo Amo XO è bellissimo. Infine, lo rifarò? Si, credo che lo rifarò. Abbiate pazienza dunque, come vi dicevo è una prima volta anche per me. Abbiate pazienza, ascoltate questo EP di tredici minuti appena capace di dare una svolta, da solo o in compagnia di un cocktail, di una sigaretta o di quello che volete, a una domenica un po' surreale e datemi fiducia. I singoli si, ma anche gli EP!
  • Tubature - Giorgio Poi (Fa niente, 2017) Certo che per non essere di mio estremo gradimento, st'album sempre in mezzo ai piedi ce l'ho... secondo me potrebbe essere per i gabbiani, per le tubature o per i tombini, ma il fatto è che ogni volta che cerco di eliminarlo dalla playlist, non ci riesco proprio. Ancora non è venuto il suo tempo, evidentemente. Avrà ancora qualcosa da dirmi, il buon Giorgio Poi. Oppure da dire a qualcosa nascosto fra il mio cervello e il mio cuore, vallo a sapere... resta il fatto che non riesca a toglierlo della playlist ne a disprezzarlo come vorrei. Insisti Giorgio Poi, insisti, insisti!
  • Effetti speciali - Virginiana Miller (Venga il regno, 2013) Un altro album che non riesco proprio a mettere da parte è questo Venga il regno dei Virginiana Miller. Qui però la questione è ben più semplice, diretta e onesta rispetto al problema Giorgio Poi: quest'album è semplicemente stupendo. Un album ovunque rock ma con delle zampate pop che uno scialbo romantico come me non può ignorare, non può far finta che non gli violentino il cervello tipo martello pneumatico: "ma ti ringrazio di tutto, per i giorni normali, per gli effetti speciali...". Eh si, basta poco per sconvolgermi il cervello, eppure Giorgio Poi non è proprio in grado di farlo...

domenica 21 gennaio 2018

Week 03/2018


  • Nosferatu man - Slint (Spiderland, 1991) Ah, gli Slint! Uno di quei gruppi senza il quale la mia vita sarebbe stata la stessa, forse migliore! Uno di quei gruppi di cui non riesco a percepirne la grandezza, nonostante piacciano tanto a Peppe Scuderi e altri milioni di tizi come lui sparsi per ogni angolo del globo. Uno di quei gruppi che ascolto solo per poter dire Ah, gli Slint! Uno di quei gruppi senza il quale la mia vita sarebbe stata la stessa, forse migliore! Uno di quei gruppi di cui non riesco a percepirne la grandezza, nonostante piacciano tanto a Peppe Scuderi e altri milioni di tizi come lui sparsi per ogni angolo del globo. Uno di quei gruppi che ascolto solo per poter dire Ah, gli Slint!...
  • Compte pas sur moi - Prohom (Peu import, 2004) Riflettevo mentre ero alla guida di Pandabell - mi trovavo alla curva dopo il ponte di Bayeux, tutto verde attorno a me, quasi ameno - che questo ritmo un po' anomalo nel rock - ma in cui amano cimentarsi di tanto in tanto gruppi di diversa estrazione - un tempo doveva non esserci, doveva non esistere, insomma, riflettevo che qualcuno a un certo punto deve averlo inventato di sana pianta, considerando che nelle prime produzioni rock non se ne sente traccia... la cosa che mi ha sconvolto di più mentre stringevo fra le mani il volante di Pandabell - mi trovavo poco dopo Villa Verde e sentivo ancora l'eco dei pappagalli e il profumo di pane provenire dal Moulin de Païou - che non solo mi ero posto una domanda di un'intelligenza a dir poco sublime - che quasi anche mio cugino se ne sarebbe rallegrato - ma che per giunta ne avevo la risposta! I Wire, i Wire hanno inventato questo ritmo, e gli diedero persino un nome: Dugga. Poi in molti lo perfezionarono e riutilizzarono, per esempio Prohom in alcune tracce di Peu Importe fra cui questa bella Compte passi sur moi, ma furono i Wire a metterlo a punto poco più di trent'anni fa. Mentre continuavo a girare a destra e sinistra le manopole di Pandabell - mi trovavo dopo la rotonda infame di Chateneuf le rouge, due anni per metterla a posto - ho pensato che davvero potrei scrivere un libro sulla storia del rock. Oppure che potrei tenere un blog che non legge nessuno...
  • Doppio nodo - Giorgio Poi (Fa niente, 2017) Ammetto, uso quello che gli addetti ai lavori reputano il miglior album italiano del 2017 come colonna sonora per la cena, per il pranzo della domenica, per i disegni di Giulietta... ma neanche così funziona più di tanto. La verità, la mia verità da non addetto ai lavori, è che Fa niente è un album ben scritto e ben suonato ma che non sa di niente. Che se avessi sedici anni e un falò da rovinare, ecco dove lo metterei... che se volessi far commuovere mia nonna morta, ecco a chi lo suonerei... che se volessi dare una mediocre immagine del rock italiano, ecco chi nominerei... che se si potesse chiudere il rock in una scatola, ecco come ce lo ficcherei... a doppio nodo!

domenica 14 gennaio 2018

Week 02/2018


  • Watch you, watch me - Suuns (Felt, 2018) Svegliarmi la domenica mattina con il culo di Francesca che si struscia delicatamente contro di me, il gol di Marco Van Basten nella finale dell'Europeo '88 e quello di Grosso al 115esimo nella semifinale mondiale del 2006 contro la Germania, le poesie in francese di Verlaine o un qualsiasi racconto di De Maupassant, ma soprattutto Deux amis, Celine, le sigarette con Andrea, sbucare all'aperto della stazione metro di Brixton, London, l'Alfama di Lisbona, cambiare casa, mangiare un arancino anche se ne ho appena finito uno, essere baciato all'improvviso dall'ispirazione, gli abbracci spontanei di Giulietta, gli occhi verdi di Giulietta, la prima volta che ho letto Sostiene Pereria senza avere idea di quanto ero stato fortunato, le camicie nere appena stirate, il mio skatebord, la prima volta che ho guidato la mia special bianca, la prima volta che ho guidato il mio vespone, la prima volta che ho guidato pandabell, l'idea che un giorno avrò una BMW rossa con cappotte nera come quella che aveva Pasetto, l'aria di Marseille la domenica al Panier o davanti al mare che si spalanca verso la Sicilia, gli sguardi con Nask, la telepatia con Rossella, nuotare e non sentire niente, le donne di Zandomeneghi, il caffè che scioglie il gelato alla vaniglia, guardarmi allo specchio e trovarmi decente, ogni nuova release dei Suuns, ogni nuova magnifica release dei Suuns, ogni nuova nota concepita, suonata e registrata dai Suuns.
  • Le foto non me le fai mai - Giorgio Poi (Fa niente, 2017) Il punto non è se mi piaccia o meno questa canzone e l'album che la contiene (e per la cronaca mi piacciono, sia la canzone che l'album), il punto è che secondo autorevoli addetti ai lavori, Fa niente di Giorgio Poi non è solo il miglior esordio del 2017, è proprio il miglior album dell'anno... beh, vi dispiace se io continuo ad aspettare con impazienza ogni singola nuova nota concepita, suonata e registrata dai Suuns?
  • Les gens font des gamins - Prohom (Peu import, 2004) A volte il rock di qua risulta essere di una noia mortale, ma credo che sia solo la non abitudine a sentire cantare in francese un genere che per me, per storia e pigrizia, è fondamentalmente cantato in inglese, in italiano o siciliano. Pero`a dare una seconda possibilità a questo Peu import dei Prohom ho fatto bene... proprio in chiusura, proprio, negli ultimi scorci di un album che risulterebbe un po' noioso in qualsiasi lingua fosse cantato, c'è qualcosa che ha un suo perché... non siamo certo al livello dei Suuns,  è chiaro, però ha il suo perché, si si...

domenica 7 gennaio 2018

Week 01/2018


  • Dal blu - Virginiana Miller (Venga il regno, 2013) Farò sfacciatamente finta di niente, farò finta che non manco da questa pagine da parecchie settimane e farò finta che non me ne freghi niente. Però non farò finta che gli ascolti recenti non siano stati entusiasmanti... a partire da questo recupero di wave italiana, Venga il regno dei Virginiana Miller ormai vecchio di quattro anni e mezzo, che ho ascoltato lungamente e con piacere per tutte le vacanze natalizie... a Giulietta piace, a Francesca piace, a me piace. Quindi, tutti contenti. Almeno per questa volta l'anno nuovo è iniziato bene e tutti accordo!
  • Drifting - It's for us (Come with me, 2017) Nel momento in cui mi sono arreso a Spotify e alla valanga in piena che esso è, ho cominciato a goderne. Incrociandolo poi con l'uso spregiudicato che faccio di YouTube e di Bandcamp, sommandolo alle letture educative di New Noise e il Mucchio e ripulendolo poi dalle chiacchiere illuminanti con il mio ex-capo e il buon Marco Vitale, ecco che ne esci fuori una delle cose migliori che mi siano mai successe, per quanto di tanto in tanto mi metta ancora in crisi e mi dia voglia di sbattermi la testa contro il muro proprio a causa della valanga sopracitata di album che mette a disposizione. In ogni caso! Quando fra dieci anni ripenserò a questi imbarazzanti momenti, spero mi ricorderò che il battesimo sia stato con questo meraviglioso album degli svedesi It's for us, scoperti su New Noise, sbirciati su YouTube e goduti, appieno e gratuitamente ma non per questo illegalmente, su Spotify. Amen, è il mondo nuovo.
  • Heathen child - Grinderman (Grinderman 2, 2010) Però il primo amore del 2018 - come Dark Horses lo è stato del 2017 e Girl Band del 2016 - è indubbiamente Grinderman, rumoristica riduzione e sfogo di 4/5 dei Bad Seeds ormai, se ho ben capito, messa comunque in stop. Beh, io non lo so se Nick Cave sia davvero dio o no, come lui pretende e come molti sostengono... per me dio potrebbe essere più Robert Plant, Kevin Shields o quel quartetto english chiamato Beatles... però, come già ho ammesso tempo fa, il ragazzo Nick Cave è praticamente l'unico uomo al mondo che mi ha mandato in apnea nel momento in cui me lo sono trovato davanti ed è anche l'unico uomo al mondo al cui posto io vorrei davvero essere. Cosa significa questo per voi?