sabato 28 dicembre 2013

Week 52/13


  • Diorama - Baustelle (Fantasma, 2013) Non so cosa mi offenda di più di questa canzone, se la voce arrogante di Bianconi o l'uso degli archi così banale che, se Phil Spector fosse morto, a quest'ora si starebbe rivoltando nella tomba. Oppure forse è quella catervata di strumenti insulsi, come il piffero e il fagotto (sicuro, è un fagotto), che spuntano qua e la come puro esercizio di stile. O forse è quel coro muto da bambini precocemente sfruttati, o la coda finale con ancora quegli archi insopportabili che pare di essere a Sanremo nel 1960, o il ritornello da recita di quinta elementare. Oppure, semplicemente, è che è una canzone brutta, contenuta in un album arrogantemente brutto, che la critica e il pubblico osannano come disco italiano dell'anno 2013, quando, in realtà, odiatemi pure, non sarebbe nemmeno dovuto essere fatto.
  • I just called to say I love you - Stevie Wonder (The woman in red, 1984) Ho sempre associato questa canzone al Natale perchè i miei parenti la massacravano ogni vigilia performandola con chitarra (zio Achille), tastiere (zio Gianni) e voce (mia madre), anno dopo anno, inevitabilmente, insieme ad altre povere canzoni. Quando il Natale, nel corso sinusoidale della mia vita, è passato da momento più bello e caldo dell'anno a rottura di palle da svoltare in un modo o nell'altro, è ovvio che si è tirato appresso anche la colonna sonora. Ma prima o poi, sempre per la sinusoide, mi ci dovevo riappacificare, e con la canzone, e con il Natale. E così, quest'anno, mettendo in atto il primo di una sicuro lunga lista di soprusi, la notte del 24 ho messo su questa canzone, ho preso Giulietta dalla culla e le ho ficcato a forza il cappello rosso in testa. Poi me la sono stretta al petto, e abbiamo ballato insieme questa canzone, mentre io la cantavo sottovoce. Poi ci siamo fatti un pianterello sommesso. Ma ognuno per un motivo diverso.
  • Cobwebs - Coral (Roots & Echoes, 2007) Dico, non è per infierire, ma prenderei i Baustelle tutti e gli farei un bel metodo Ludovico con sottofondo la discografia intera dei Coral. Tema dell'esperimento: come scrivere canzoni pop, un pò retrò, senza fare cagate colossali. E forse potremmo anche spingerci oltre: come fare canzoni pop, senza dubbio retrò, ma belle, bellissime. Due - tre sedute dovrebbero essere sufficienti. Almeno per capire la lezione. Poi, per metterla in pratica, è tutta un'altra storia. Che con la sensibilità pop dei Coral, o ci nasci, o è meglio che lasci perdere. Perchè perle come Cobwebs, non è che puoi imparare a scriverle.

lunedì 23 dicembre 2013

La tripletta di Laura Iacuzio (Rev Rev Rev)

Rullino i tamburi, squillino le trombe! Da un bel pò non avevamo un illustre ospite fra di noi ma l'attesa è valsa davvero la pena. A sottoporci oggi la sua favolosa tripletta è infatti Laura Iacuzio, cantante, bassista, tour manager, addetta alle PR e chissà quant'altro dei magnifici e rumorosi e modenesi Rev Rev Rev, di cui vi ho già consigliato l'ascolto. Per cui, dicevamo, rullino i tamburi, squillino le trombe, ecco a voi le tre canzoni di Laura Iacuzio!

  • Le dernier jour - Asalto al parque zoologico (APZOO, 2009) Il primo concerto dei Rev Rev Rev, nel gennaio 2012, venne introdotto dalle note di questo pezzo degli Indochine magistralmente shoegazizzato dagli Asalto al parque zoologico, band argentina semplicemente incredibile. Beh, con una partenza come questa, cosa potrà mai andare storto?
  • Red - King Crimson (Red, 1974) Ci sono alcuni dischi che quando li scopri esplodono nella tua vita colorandone integralmente un tratto. Per me, con Red, è stato così, e per un periodo la sua atmosfera faticosa, cervellotica e contorta è stata veramente una colonna sonora. Proprio quel genere di album che non puoi dimenticare. Anche se magari non lo ascolti mai.
  • Rapace - Afterhours (Hai paura del buio?, 1997) Una gemma, tratta da Hai paura del buio? - uno degli album più innovativi degli ultimi decenni -, di una band che ormai considero come dei vecchi amici ai quali voglio bene comunque, qualunque cosa combinino.


venerdì 20 dicembre 2013

Week 51/13 - una tripletta post punk


  • Love like anthrax - Gang of Four (Damaged goods, 1979) E' da almeno venti settimane che voglio parlarvi di questa canzone, ma non ho mai trovato il giusto aggancio. E allora ve la prendete così com'è - col suo basso inconfondibile, il metallico caos controllato e le due voci parlate, una per canale, che si accompagnano a vicenda - e senza il mio solito e saccente commento a rovinare tutto: Love like anthrax, Gang of four, capolavoro post punk del 1979.
  • Public image - Public Image Limited (First issue, 1978) Le cose giuste: oggi, storie come queste, ce le sognamo la notte: c'è un tizio, coi capelli strani, che tutti credono sia una specie di animale, alcolizzato, drogato, voce demente del gruppo più discusso del decennio (nella fattispecie, i '70s). Ad un certo punto, questo tizio, fa davvero la rivoluzione che il punk non aveva fatto: uccide suo padre (nella fattispecie, abbandona il mentore Malcom McLaren), si riappropria della sua immagine pubblica (per i dettagli, leggere il testo della canzone) e fonda un gruppo che gestisce abilmente come una società finanziaria (La Public Image Ltd). Quindi scrive alcune delle canzoni più fuori dagli schemi (e belle) del decennio successivo (gli '80s) e diviene presto una delle icone del post punk e della musica pop in generale: un autore colto, acuto, indipendente, selvaggio. Fino a quando poi, ovviamente, non rovina tutto con le sue stesse, fottute, mani (per i dettagli, comprate e leggete Post Punk di Simon Reynolds, che io stasera c'ho troppo sonno...).
  • Tommy - Flor De Mal (Flor de Mal, 1991) No, non è che qui in Italia arriviamo sempre in ritardo su tutto, particolarmente poi in Sicilia, a Catania. No, davvero, non è per questo che ci sono ben 12-13 anni di distanza fra questa canzone dei miei amatissimi Flor de Mal e le prime due di questo post. E' che la musica della prima metà degli anni '70 ci ha così tanto sfracellato i coglioni che, quando poi tutto quel manierismo è scoppiato in aria, è venuta fuori così tanta energia post punk che i risultati non solo si vedevano ancora dopo 12-13 anni, ma si vedono ancora oggi dopo più di 30 e di sicuro si vedranno ancora per i prossimi 100 anni!

mercoledì 11 dicembre 2013

Week 50/13


  • Battery Point - Beak (Beak, 2009) Ho dovuto subire il Metodo Ludovico e una lunga serie di "coglione!", ma, tutto sommato, meno male che mio cugino c'è! Altrimenti non avrei mai cambiato idea su questo meraviglioso album e non mi sarei mai accorto delle sue qualità psichedeliche. Lo avrei davvero buttato così, senza accorgermi di niente. Senza accorgermi, per esempio, del lento groove ipnotico di questa Battery Point, del desolato paesaggio senza tempo che dipinge nei suoi caldi sette minuti e undici secondi di durata. Ora, considerando che io questo vinile non ho intenzione di levarlo dal piatto dalle ore 23 alle ore 3 di ogni notte per i prossimi mesi invernali, spero proprio che abbia anche qualità di ninna nanna, altrimenti, diciamolo chiaramente, qui le cose si complicano un pò!
  • Catching a buzz - Rev Rev Rev (Rev Rev Rev, 2013) Scommetto tutto quello che volete che questi quattro rumoristi modenesi, bellamente smarriti nei vortici chiatarristici degli anni '90, vi leveranno il sonno per mesi e vi corroderanno il cervello con il loro veleno distorto. E vi piacerà pure. Eccome se vi piacerà.
  • Lexotan - I Cani (Glamour, 2013) Potete dire quello che volete: Dalla, Battiato, Edda, Agnelli, Casacci, Clementi, Giovanni - Mastro Lindo - Ferretti, Silvio Carruozzo, Cippa, Francesco Di Bella, Alessandro Cremonesi, Alberto Ferrari, u Zulù, Meg, Neffa quando stava con Deda, e poi, ancora, Odette Di Maio, Rino Gaetano, Francesco Bianconi, Simone Lenzi, Federico Fiumani, persino La Pina, Esa e Cristina D'avena, nessuno, nessuno di loro ha mai scritto un testo come quello di Lexotan che, seppur violentissimo, ha la capacità stupefacente, quando mi cimento nella mia favolosa e inarrivabile versione a cappella, di far calmare e addormentare come un angioletto la mia piccola Giulietta post punk.

domenica 8 dicembre 2013

Week 49/13


  • Tonight Tonight - Smashing Pumpkins (Mellon Collie and the Infinite Sadness, 1995) Questa unica canzone per questa settimana è per mia figlia Giulietta, e per sua mamma Francesca, senza le quali, niente di tutto questo, sarebbe possibile.

sabato 30 novembre 2013

Week 48/13 - una quieta tripletta d'attesa


  • Alle prese con una verde milonga - Paolo Conte (Paris Milonga, 1981) Mentre attendo che tutto accada, io tiro le somme. Ripenso a quello che ero, a quello che sono, a quello che ho fatto e a quello che ancora devo fare. E così capisco che alla fine, se sono qui, è solo per suonare, per amare e, di nascosto, per danzare. Sempre, fino alla fine.
  • Julia - Beatles (The Beatles, 2013) Si rimane figli anche quando tutto cambia. Quando arrivano i soldi, quando arriva la fama, quando arrivano i tuoi di figli. Si rimane figli anche quando ormai è troppo tardi, e ciò che ti resta da fare è scrivere una canzone per tutte le Julie di sempre.
  • Sunday Sun - Beck (Sea change, 2002) E poi ci sono i groppi alla gola, e quelli al cervello. C'è un flusso enorme di parole, informazioni, emozioni, pensieri, idee, ripensamenti, insulti, urla da voler vomitare, senza però riuscirci. Viene voglia di sbattersi la testa contro il muro per stappare il tappo, e far scorrere tutto via, o semplicemente per distrarre le emozioni con qualcosa di ancora più forte. E vorresti che fosse sempre domenica, e le cose fossero sempre chiare, cristalline, quiete e possibili, come appare sempre tutto sotto al tiepido sole novembrino.

giovedì 21 novembre 2013

Week 47/13 - una tripletta per il piccolo Leonardo.


  • Dispetto - Virginiana Miller (Fuochi Fatui d'Artificio, 2005) Qualche estate fa, in vacanza al mare, alloggiai in un posto di pazzi, ma di pazzi quelli veri intendo: pazzi di quelli che ti fanno venire voglia di vivere, di sorridere, di cercare, di essere felici, insomma, pazzi. E fra questi pazzi ce n'era uno particolarmente simpatico che non ti guardava mai in faccia quando parlava, e che teneva sempre una chitarra in mano, la sua o quella di qualche altro pazzo. E una sera, questo pazzo, mi disse sottovoce, mentre beveva un amaro siciliano, lui che di siciliano aveva solo la pazzia: Vedi Angelo, è ovvio che i Virginiana Miller siano il miglior gruppo pop in Italia, e di conseguenza anche il più sottovalutato. E poi ha ricominciato a suonare la sua chitarra o quella di un altro pazzo. E fu allora che io, anche se non avevo mai ascoltato i Virginiana Miller in vita mia, cominciai a difenderli a spada tratta, senza minimamente pormi il problema se fidarmi o meno di un simpatico sconosciuto completamente pazzo. Ora so di aver fatto bene.
  • And the glitter is gone - Yo La Tengo (Popular song, 2009) Ho provato a dare una nuova chance a Popular song dei miei Yo La Tengo, e per questo da settimane lo ascolto come fosse una medicina: due volte al giorno, con gli occhi e il naso tappati. Ed è proprio uno schifo. Però, a voler perseverare nella cura, alla fine qualcosa di buono si ottiene: quindici minuti di maestoso bordello avvolto attorno ad un riff sospeso a mezz'aria, come a chiedere scusa, come a ricordare che a volte ci si ammala, si, ma poi, spesso, si guarisce anche, e si sta meglio di prima...
  • 3x3 - Lydia Lunch and Retrovirus (Retrovirus, 2013) Kim Gordon, Kim Deal, Nico, Giovanna Cacciola, Bilinda Buthcher, Lydia Lunch. Non esiste e non è mai esistita (per il futuro, nessuna previsione) altra donna nel rock al di fuori delle sopra-riportate. Grazie.

venerdì 15 novembre 2013

Week 46/13

  • When you sleep - Shonen Knife (Yellow Loveless, 2013) Deve necessariamente esserci un filo conduttore fra i My Bloody Valentine e il paese del sol levante, oltre Sofia Coppola e il suo Lost in Translation ovviamente, altrimenti non si spiegherebbe come mai, un pugno di illustri musicisti giapponesi, provenienti per lo più dall'area noise-shoegaze, abbia deciso di omaggiare il favoloso Loveless replicandone, ognuno a modo proprio, l'intera scaletta. Ok, non è che l'operazione in se sia del tutto esaltante - un album tributo è quasi sempre una vera e propria cacata - ma ascoltare con un sorriso sulle labbra questa fumettistica cover di When you sleep mi ha fatto chiedere davvero: ma non è che forse è meglio dell'originale? E mi ha fatto rispondere: no, col cazzo, ovviamente no che non lo è. Ma è troppo forte!
  • We're sinking - Mark Sultan aka BBQ (The Sultanic Verses, 2007) Paffuto e sudaticcio nel suo sari viola, Mark Sultan se ne stava da solo in un angolo, ingobbito su chissà quali malinconici pensieri. Aveva appena finito di intrattenerci cantando, suonando la sua chitarra consunta, pestando la minuscola batteria, ma sembrava già un'altra persona rispetto a prima. Se ne stava li da solo, a bere birra e a guardarsi i piedi, quando senza volerlo sono inciampato sulla sua solitudine. O forse lui è inciampato nella mia. Non so chi dei due si è avvicinato per primo, ma fatto sta che neanche ci siamo stretti la mano che lui aveva già la penna sulla locandina che gli avevo allungato, e disegnava cornicchi, cicatrici e occhiali proprio sulla sua stessa sorprendente faccia. Come si fa sui santini delle elezioni... poi ha scarabocchiato un GRAZI! da una parte e un MARK S. dall'altra, un cuore, un pac-man e un aeroplanino di carta in mezzo, mi ha restituito la locandina e mi ha fatto un inchino. Mi ha chiesto se poteva tenersi la penna e io gli ho detto di si. Sono tornato a casa, mi sono sdraiato sul divano,  e ho ripensato al malinconico Mark. Che cazzo, mi sono detto poi, allora anche i musicisti garage possono essere malinconici... 
  • Swallowtail - Lemon's chair (I hate? I hope?, 2010) E' stato ascoltando questi Lemon's chair che ho capito qual è il legame fra i My Bloody Valentine e il Giappone, ed è così semplice che quasi mi vergogno a spiegarlo. Il fatto è che la musica di Kevin Shields e soci mette assieme rumore industriale e melodie dream, creando un suono palpabile ma sospeso a mezz'aria, e il Giappone che conosciamo noi mette assieme frenesia sociale e la quiete antica di una cultura che molto coltiva l'anima, creando un mondo concreto ma sospeso nella innervsion. In Giappone, insomma, il terreno era fertile perchè le radici dello shoegaze potessero attecchire solidamente, nonostante le origini europee. Un pò come il blues in America, il walzer in Austria e la tarantella in Sicilia...

sabato 9 novembre 2013

Week 45/13


  • Corso Trieste - I Cani (Glamour, 2013) Paralizzato. Ecco come mi sono sentito la prima volta che mi sono trovato al cospetto di questa canzone: paralizzato. Paralizzato perchè era la canzone nuova di un gruppo che poteva solo deludermi. Paralizzato perchè secondo i miei standard sonori avrebbe dovuto farmi schifo e invece mi piaceva sempre di più man mano che si sviluppava sotto le mie orecchie. Paralizzato perchè Niccolò Contessa non ha neanche 30 anni (ne 29, ne 28 e forse manco 27) e si permetteva di parlare di nostalgia senza però irritarmi a morte ad ogni singola parola. Paralizzato perchè questa canzone è proprio bella e a me, I Cani, piacciono da morire.
  • Reflektor - Arcade Fire (Reflektor, 2013) Come mi sono sentito invece davanti al nuovo album degli Arcade Fire? Annoiato. Annoiato a morte, come non mi era successo neanche per i loro ultimi due album...
  • 4 Hours - Clock DVA (Clock DVA, 1981) Dico, non è che per forza uno può conoscere tutto tutto, ricordare i gruppi, le one-hit band di ogni stagione, sapere chi suonava con chi, quali artisti facevano parte di una scena e quali di un'altra... non è che uno può sapere chi ha esordito in Inghilterra per poi morire in America, chi ha prodotto quell'album e in quale studio, chi erano i session men salariati etc.. etc.. dico, non è che per forza uno può sapere tutto tutto, daccordo, ma questi Clock DVA, dico io, si può sapere perchè me li avete tenuti nascosti fino ad ora?

sabato 2 novembre 2013

Week 44/13 - una tripletta per il giorno dei morti, una tripletta per il morto Lou Reed.

Ecco alcune delle cose facilmente tangibili che Lou Reed ha fatto per me negli ultimi quarantacinque anni: ha scritto almeno dieci delle mie canzoni preferite; ha portato quasi all'estremo l'idea di violenza chitarristica; ha scritto, pubblicato e difeso a oltranza Metal Machine Music; ha ispirato Lester Bangs, Todd Haynes e Timothy Greenfield-Sanders nelle loro rispettive arti; ha suonato un concerto per me e pochi altri praticamente sotto casa mia; ha deciso di morire il giorno dopo il mio compleanno in modo da non rovinarmi i festeggiamenti di quest'anno e degli anni futuri.
Ed ecco alcune delle cose facilmente tangibili che io ho fatto per Lou Reed negli ultimi quarantacinque anni: ho comprato molti ma non tutti i suoi dischi; ho speso pochi spiccioli per vederlo in concerto assieme a pochi altri praticamente sotto casa mia; ho parlato della sua musica con gli occhi luccicanti ad amici, conoscenti e altri.
Ma ciò nonostante, il debito che avrò con lui, e con tutti gli altri artisti che uno dopo l'altro moriranno inevitabilmente nel corso dei prossimi anni, sarà sempre troppo grande anche solo per pensare di poterlo quantificare.




venerdì 25 ottobre 2013

Week 43/13

  • Backwell - Beak (Beak, 2009) Ti piacciono i Suuns, mi hanno detto, e non conosci i Beak? Ma dai, davvero? Così - da una parte umiliato per essermi fatto cogliere impreparato, dall'altra eccitato per un'insperata dritta - sono corso a colmare questa incredibile lacuna, senza neanche preoccuparmi di rispondere alla domanda. Ho procurato subito il loro primo album, ho messo lo stereo a manetta, ho premuto play, quasi eccitato. Ammetto di essere rimasto estasiato da questa Backwell che apre il disco, ma tutto il resto mi ha subito e profondamente annoiato a morte. E l'ho ascoltato tre volte di fila! Quindi ho premuto stop, ho spento lo stereo, ho cancellato i file dal computer. E poi sono corso a rispondere alla domanda di cui sopra: si, conosco i Beak. Ho detto. E poi ho anche aggiunto: e mi fanno davvero schifo.
  • Double dare - Bauhaus (In the flat field, 1980) C'è qualcosa di già sentito nella voce di Peter Murphy, nelle chitarre di Daniel Ash, nel drumming di Kevin Haskins. Ma qualunque cosa sia, loro l'hanno fatto prima degli altri. E, in molti casi, molto, ma molto, molto meglio.
  • Mercy - TV on the Radio (Mercy 45rpm, 2013) Lo ammetto, mi stò già leccando i baffi, le orecchie e anche gli occhi. Sto rischiando di disarticolarmi le spalle muovendole di qua e di la ogni volta che sento Mercy. Controllo ogni cinque minuti se hanno annunciato la data di uscita del nuovo album. E poi rimetto da capo Mercy, e poi di nuovo ancora, e ancora, e ancora. Poi, quando proprio non c'è più niente da fare se non aspettare, mi fermo un attimo, esausto, e ringrazio Tunde Adebimpe (o qualche altro Dio), per aver accolto le mie preghiere, e aver cominciato, da questo singolo, ad esplorare territori più amorevolmente garage.

martedì 22 ottobre 2013

Le tripletta di - udite, udite! - Daniele Zito

Non è perchè il suo blog Sei Cose ispira e commuove ogni giorno milioni di blogger in tutto il mondo (fra cui me), nè tanto meno perchè il suo romanzo-capolavoro La solitudine di un riporto verrà presto citato in tutti i manuali alla voce decostruzione. Non è neanche per i suoi baffi eleganti, nè per la laurea in informatica specializzazioni occulte, nè per il sorriso sornione e oppiaceo. E' perchè gli ho chiesto di fare la sua tripletta e lui, gentilmente, l'ha fatta. Signore e signori, le tre canzoni di Daniele Zito!

  • Hoist that rag - Tom Waits (Real gone, 2004) Io, ogni volta che la gente parla di musica, mi domando sempre se abbia realmente senso perdere tempo a discutere di canzoni, generi, stili e tutta quella roba lì se poi, quando meno te lo aspetti, dal fondo di un bar sbuca fuori un signore di Pomona capace di prendere in mano un microfono e soffiarci dentro con questa voce qui. Mica la puoi raccontare o classificare una voce così, figurati se puoi capirla. Puoi soltanto ascoltarla. Meglio se in silenzio.
  • Non importa - Wolfango (Wolfango, 1997) C'era ancora il Consorzio Produttori Indipendenti, allora. Forse per questo l'idea di mettere assieme un basso, una batteria e due voci stonate, oltre che dei sonagli, non sembrava tanto folle. In tutto i Wolfango sono riusciti a far uscire due dischi, Wolfango e Stagnola, due piccoli capolavori, poi più niente, troppo sgangherati per riuscire a resistere oltre. Chissà che fanno adesso. Mi piace pensare che prima o poi torneranno a creare altri giocattoli mostruosi.
  • J.S.Bach's Partita #2 - Glenn Gould (The art of piano) Cos'è un artista? E' uno che si mette al piano a provare e riprovare sempre le stesse cose fino a diventare perfette, e pazienza se non gli riesce, - se ogni tanto impazzisce attorno qualche passaggio, se le dita non vogliono saperne di seguire la partitura - lui comunque resta al piano, e se proprio non ce la fa più a battere sui tasti, prima si alza, poi borbotta, poi ancora guarda perplesso fuori dalla finestra domandandosi Cos'è che non va? Porca puttana, cos'è che non va?, e trenta secondi dopo è di nuovo al piano a provare e riprovare.

sabato 19 ottobre 2013

Week 42/13


  • Ohm - Yo La Tengo (Fade, 2013) Ascolto questa canzone almeno tre volte al giorno perchè, dopo lo shock di schifo procuratomi dal precedente album Popular song, voglio assicurarmi che i miei Yo La Tengo siano davvero tornati sulla vecchia e giusta strada, e che non sia solo un'impressione frutto della mia malinconica fantasia.
  • Missing boy - Durutti Column (LC, 1981) Ascolto questa canzone almeno tre volte al giorno perchè, se da una parte è vero che non si esce vivi dagli anni '80, dall'altro è vero che non c'è un solo motivo buono per farlo.
  • DLZ - TV on the Radio (Dear Science, 2008) Ascolto questa canzone almeno tre volte al giorno perchè, fanculo la mia malinconia, c'è in giro troppa musica fica per perdere tempo a rimpiangere le vecchie e giuste e noiose strade, i decrepiti anni '80, gli anchilosati Dinosauri della preistoria. Guardiamo al passato si, ma solo per prendere la rincorsa!

sabato 12 ottobre 2013

Week 41/13


  • Intermission - Blur (Modern life is rubbish, 1993) Stavo facendo lo sborone, lo ammetto, e mentre parlavo piegavo la testa di lato di tanto in tanto e sbattevo lentissimissimamente le palpebre dei miei occhi. I Blur non hanno segreti per me, dicevo compiaciuto, sono come un libro aperto per me! Il loro parco suoni, gli stili di composizione... non è certo perchè non conosco Modern life is rubbish che i Blur... a quel punto mio cugino si è alzato, immerso nel suo solito silenzio oppiaceo, e mi ha fatto ascoltare questa canzone. Poi, per la prima volta nella sua vita, lo ha detto anche a me: Coglione! Finalmente, chissà da quanto tempo aspettava questo momento...
  • Freak scene - Dinosaur Jr. (Bug, 1988) Non vedevo questo video da anni e, quando questo pomeriggio mi è finito davanti agli occhi, ho sentito una fitta al cuore: capelli che gli svolazzano di qua e di la, piroette a bizzeffe come se fosse vivo e quando poi si piega sulla chitarra minuscola per violentarla... dio, per me J Mascisc è come uno di famiglia ed io gli voglio bene. Hai sentito J? Io ti voglio bene! IO TI VOGLIO BENE!
  • Song of the minerals - Shellac (At Action park, 1994) Visto che sono in vena di squallidi sentimentalismi, colgo l'occasione per tendere una mano agli Shellac: è un grande album questo At Action park, non c'è che dire, e questa canzone (che è probabilmente la più melodica dell'album) è puro spettacolo. Attento Albini, mi stai ancora sulle palle, con quella tua voce da palle strizzate, ma ti do un'altra chance. Vedi di non sprecarla...

mercoledì 9 ottobre 2013

La tripletta (della follia) di Gloria Patané


Nuovo ospite, oggetto di un folle e lungo corteggiamento: Gloria Patané ci propone una tripletta sulla follia, una tripletta insana, una tripletta da folli! Buon ascolto, e buona lettura. Folli...
  • Song 2 - Blur (Blur, 1997) Una sera piena di stelle, di rientro da una scampagnata, giornata di vino rosso e reggae e alla fine carciofi arrostiti, la parte migliore di ogni scampagnata. Avevamo cantato e riso e parlato tutta la giornata, e quindi non c'era più bisogno di parole. Zitti e assorti, nel buio della campagna ennese, ma nessuno di noi era lì in quell'abitacolo intriso di musica che si spandeva oltre il finestrino. Non posso dire a cosa stessero pensando gli altri, ma di una cosa sono certa: eravamo tutti consapevoli che quel momento non sarebbe più tornato. E stavamo zitti, mentre questa canzone urlava nella notte una folle rassegnazione.
  • Tourette - Nirvana (In utero, 1993) Urlavo invece quando ero giovane e bella, no, bella no, ma giovane si, e urlavo dalla mia testa e dicevo cose parole e sentimenti senza senso, e la gente pensava che fossi pazza, ma probabilmente era solo una sindrome di Tourette non diagnosticata. E quando Kurt urlava nessuno pensava che fosse pazzo, perchè lui oltre ad essere giovane era pure bello. E si sa, i belli raramente sono pazzi, i pazzi sono quelli con i denti storti e i capelli sfilacciati e mezzi caduti e i vestiti sdruciti. E urlano sconcerie e nessuno ci fa caso, se sei bello invece tutti si preoccupano per te. Meno male che poi sono guarita, perchè con i mei denti storti e i capelli sfilacciati e i miei vestiti sdruciti, se mi fossi sparata un colpo di fucile nessuno ci avrebbe fatto caso.
  • Lu rusciu te lu mare - Alla Bua (Alla Bua, 2002) Noi femmine abbiamo una pazzia diversa da quella dei maschi. I pazzi maschi spesso sono violenti, alcune volte geni e altre solo pazzi che non c'è niente da fare. Quando una femmina è pazza invece è solo isterica: il nostro male ha origine sempre e solo li, da quel pezzo del nostro corpo che da la vita e quando secca e muore ci cambia l'anima e ci fa impazzire. Ma quando una donna è pazza è libera di cantare e di ballare, se ne frega di chi la vuole curare, e allora possono stare li gli uomini a suonare e battere sui loro tamburelli e cercare di farla rinsavire... canta femmina folle, femmina pazza, femmina isterica, che la follia è un dono degli Dei.

sabato 5 ottobre 2013

Week 40/13 - una tripletta hardcore per tre clichè artistici


  • Out there - Dinosaur Jr. (Where you been, 1993) L'antipatica domanda è: non è che per caso questa canzone sarebbe apparsa come un capolavoro, e non come la semplice copia di una copia di una copia, se fosse stata contenuta nel primo e non nel quinto album dei Dinosaur Jr.?
  • I love you - Black Flag (My war, 1984) Altra antipatica domanda: che questa liscissima canzone dei Black Flag sia le fondamenta per i capolavori hardcore a venire, è sufficiente per reputarla più importante di tutte le altre? 
  • Terrorista N.A.T.O. - Punkreas (Pelle, 2000) Ultima antipatica domanda: è poi così importante capire se questa cristallina canzone dei Punkreas debba essere classificata come hardcore, punk o come crossover hard-punk-new wave-power pop?

venerdì 27 settembre 2013

Week 39/13

  • Epic - Faith no more (The real thing, 1989) Dedico questa canzone del 1989 a tutti coloro che, almeno una volta negli ultimi ventuno anni, hanno sentenziato compiaciuti che "però i Rage Against the Machine hanno inventato un genere!!!". Olè! Ma belle vaccate che dite, davvero!
  • Drill - Wire (Drill, 1985) Non so come mai i Wire chiamarono "Dugga" la trovata ritmica con la quale soppiantarono i vecchi groove funk, ma dice Simon Reynolds che invece, per capire come mai questa canzone si chiama Drill (Trapano), basta solo ascoltarla. Ad un livello di volume spropositato poi, sono sicuro che anche ogni dubbio sul Dugga sarà definitivamente sciolto.
  • Violent life - Blonde Redhead (La mia vita violenta, 1995) Perchè non mi piacciono i Blonde Redhead, perchè?! Piacciono a tutti, a tutti! Ai critici musicali, agli artisti del circolo degli artisti, ai falsi nerd, radical chic, nichilisti, anoressiche, bulimiche, aspiranti DJ, aspiranti attrici, autori TV, stagisti, registi, falliti, delusi, depressi e persino ai frustrati! A tutti, a tutti piacciono i Blonde Redhead, tranne a me! Ma perchè, perchè devo essere escluso da questo fantastico fan club, perchè?

sabato 21 settembre 2013

Week 38/13 - una tripletta nostalgica III


  • Skopje - Teatro degli Orrori (Il mondo nuovo, 2012) "Striscia fuori dal grembo del mare un piccolo granchio. Si sotterra e si addormenta nella sabbia di fango e detersivi, stanco morto. Sulla faccia il sudore del lavoro, che percorre l'autostrada a piedi, che si accanisce sul brandy del discount, e che si strappa i capelli bianchi. I semafori in fondo al viale sono bottoni di camicia spalancata sul petto. Il Rivolta questa notte romba musica cupa e discontinua. Mi fiorisce in petto un pianoforte sul quale suonano gli amori degli uomini del mondo. Non posso fare a meno di voi, amori degli uomini del mondo, non posso fare a meno di voi". Questa è pura letteratura. Ma voi continuate ad idolatrare Capossela, e le sue porcherie cha-cha-cha...
  • Expressway to your skull - Sonic Youth (Evol, 1986) L'apice del post-post-punk. I Sonic Youth mettono al muro Clash, Beach Boys, James Brown, Elvis Presley e Madonna, uno dopo l'altro e chiarendo per ciascuno di loro le motivazioni della condanna a morte. Poi, al minuto 2.06, aprono il fuoco. Le chitarre di Lee e Thurston, il basso di Kim e i maltrattamenti ai tamburi di Steve sono delle pietrate sonore letali che non lasciano in piedi nessuno, e il rumore bianco che si snoda in una coda infinita (in vinile va in loop) è la tabula rasa per ricominciare, tutto, da capo. La missione è compiuta, indubbiamente, ma andrà ripetuta ad intervalli regolari.
  • Poptones - Public Image Limited (Metal box, 1979) Ora, daccordo che quei tre anni fra il 1978 e il 1980 sono stati fra i più sconvolgenti in fatto di suoni, argomenti, performance e, in generale, attitudine musicale, ma immaginare cosa possa essere successo nel mondo della vecchietta post-vittoriana mentre beve il te con il mignolo alzato davanti alla tivvu proprio quando i Pil erano a Top of the pops - con un brano che ha un basso che sembra un jingle di natale, una chitarra che pare pioggia acida su una città industriale, una batteria che non si capisce se cade a destra o a sinistra e un testo urlato a denti e culo stretti che racconta di uno stupro nel mezzo dei boschi di cui la vittima ricorda solo i poptones che venivano fuori dall'autoradio del maniaco - è troppo difficile per me, che sono cresciuto con la faccetta dolce di Bono Vox e Bruce Springsteen perennemente in classifica. Ma, volendo azzardare, direi che è morta soffocata dal suo te zuccherato nel momento in cui ha realizzato che il mondo a cui era abituata era ormai frantumato in milioni di pezzi e, per di più, pezzi fatti di sostanza dichiaratamente molto simile alla gloriosa merda dei peggiori quartieri londinesi.

mercoledì 18 settembre 2013

La tripletta di Giusi Di Placido

Senza nulla togliere ai precedenti e futuri ospiti, quello di oggi è veramente speciale. Innanzi tutto, perchè è la prima donna a regalarci la sua tripletta del momento. Poi, perchè senza di lei questo spazio non sarebbe mai esistito. Quindi, miei cari tutti, aguzzate la vista, attivate l'udito, ecco a voi le tre canzoni di Giusi Di Placido!
  • I feel just like a child - Devendra Banhart (Cripple crow, 2005) Indian soundtrack: non era il treno per Darjeelling ma per Varanasi. Il classico motivetto che ti si incastra nelle vertebre ad ogni balzo dei vecchi carrozzoni lerci indiani. Mi faceva ridere e dimenticare il caldo atroce.
  • Birds - Sophia (Technology won't save us, 2007) Technology won't save us, con le sue classiche ballate mi porta dentro il mio vulcano, e mi culla con le sue melodiche vibrazioni. Troppo poco pop? No, no...

venerdì 13 settembre 2013

Week 37/13


  • Easy Easy - King Krule (Six feet beneath the moon, 2013) Questa discussione è avvenuta via chat. Io: "Cugino, dai un'occhiata a questo video. Quanti anni avrà? Diciotto, venti?". E allego link. Mio cugino mi risponde dopo mezz'ora: "Sei un coglione. Pensavo fosse una twenty years big boobs young teen redhead depilata e ubriaca a un college party. Mi hai svegliato per niente. Sei un coglione". Signore e Signori, King Krule. Quanti anni avrà? Diciotto? Venti?
  • Shoplifting - Slits (Cut, 1979) Si narra che quando queste tre fanciulle si misero assieme, nessuna di loro era esattamente in grado di suonare uno strumento. Si narra inoltre che in quel periodo, non era esattamente richiesto saper suonare uno strumento per mettere su un gruppo. Eppure questa Shoplifting è un piccolo gioiello pop, grazie ad un ritmo irragionevole, un giro di basso che conosco tanta gente io che pagherebbe per saperlo inventare e suonare dopo tutti gli anni di studio alle spalle (mah!), un testo divertente ma al contempo impegnato (Babylonian won't lose much and we'll have dinner tonight) e persino una citazione musicale, più o meno casuale, dei Kinks (Last of the steam-powered train). Meraviglioso, quello che succede quando non hai schemi mentali. Meraviglioso.
  • The closet - Teenage Jesus and the Jerks (No New York, 1978) Anche questi disgraziati, non è che fossero proprio dei campioni coi loro strumenti. Eppure, con le loro dieci - dodici canzoni pubblicate in tre anni (circa diciotto minuti di musica in totale), hanno stravolto tutto. The Closet è una marcia funebre su cui Lydia Lunch infierisce con i suoi strazi da disperata che annega. E' un ritmo alieno senza il quale non avremmo mai avuto i Sonic Youth di Bob Bert. E' un primordiale tentativo di distruggere tutto ciò che sappiamo sul rock per poter ricominciare da capo. Questo, e nient'altro, è vero punk.

sabato 7 settembre 2013

Week 36/13 - tre canzoni per tre film

  • Goin'out west - Tom Waits (Fight club, 1999) Tom Waits è indubbiamente sporco di suo, ma per entrare nella corte di Tyler Durden, quella sera, ha dovuto sporcarsi ancora di più. Poi, una volta uscito fuori da quello scantinato, lo abbiamo sentito ancora alcolizzato, funambolico e più perdente che mai. Ma, dopo quella sera al Fight club, Tom Waits, così sporco e rumoroso, no, non lo abbiamo sentito suonare mai più.
  • More than this - Roxy Music (Lost in translation, 2003) Non potrò mai essere obiettivo con questa canzone. Forse i Roxy Music, dopo l'abbandono di Eno, erano daverro belli e finiti, e forse questa canzone è solo una smielata e inutile canzone pop di media qualità. Ma il punto è: cosa ci può essere più di Bob e Charlotte - lui con la camicia hawaiana nel bel mezzo di una crisi di mezz'età, lei in caschetto rosa alle prese con un matrimonio troppo frettoloso - e il loro romanticissimo karaoke luccicante dalle finestre del millesimo piano di un grattacielo di Tokyo? Cosa ci può essere più di questo? Niente. Non ci può essere proprio niente...
  • How soon is now? - Smiths (Closer, 2004) C'è una scena da panico, in questo film, ed è esattamente quando quel figlio di puttana di Larry, buttandole i soldi in faccia, cerca di mettere in crisi Alice con le sue domande, mentre lei, per tutta risposta, raccoglie i soldi da terra, sposta le mutandine di lato e, sorridendo, mente, mente all'infinito. E come se non bastassero poi le faccie stravolte dei due, come se non bastassero i dialoghi serrati, le inquadrature sbilenche e l'ambientazione soffocante, a sottolineare l'urgenza di questa scena c'è una delle canzoni più claustrofobiche degli Smiths. Un lungo, ipnotico vibrato e un ritornello di sole nove parole per riassumere tutto ciò che succede in questo cazzo di film. Clive Owen, Natalie Portaman, una parrucca rosa e gli Smiths, per una perfetta scena da panico.

mercoledì 4 settembre 2013

La tripletta di Enrico Verger

Nuovo ospite, nuova sconvolgente tripletta. Enrico Verger - il famigerato Enrico Verger! - vola alto, e ci regala tre perle da un passato solo sulla carta (e sul calendario) non troppo lontano. Una tripletta romantica, una tripletta epica, una tripletta per eroi di altri tempi!
  • Now my heart is full - Morrisey (Vauxhall and I, 1994) Un approdo consolatorio per tutti coloro che passarono giorni, mesi, anni nella propria cameretta ascoltando l'Elvis degli outsiders. E tutti quelli che amo, prima o poi, si stenderanno su un divano in analisi. IN MOZ WE TRUST !
  • Spirit of 76 - Alarm (Singolo, 1986) Pura appartenenza a conferma che è la musica che ti sceglie e non l'inverso. Quanto era difficile nell'85 condividere la passione viscerale per una band alla quale Bono Vox, e compagnia suonando, riuscirono ingiustamente a prendere gli ultimi posti disponibili. Il mai abbastanza rimpianto Joe Strummer oggi salirebbe volentieri su un palco assieme a Mike Peters per insegnare alle "nuove" generazioni come si racconta la vita. Le dinamiche meritocratiche sono da sempre trasversalmente dubbie.
  • Monument - Sound (All fall down, 1982) E' paura quella che senti dentro di te? Parlavi a te stesso, Adrian, ed era così dannatamente trasparente. La fragilità uccide le anime più nobili. Una lezione per tutti. L'ennesima.

domenica 1 settembre 2013

Week 35/13 - una tripletta dell'ultimo minuto (e totalmente inusuale) perchè me ne ero completamente dimenticato!


  • Don't worry baby - Beach Boys (Shut down vol.2, 1964) Una settimana di vacanza senza possibilità di accesso a fonti musicali, una settimana di silenziosa introspezione vagliando quel juke box naturale che è il nostro cervello (anche se il gettone si mette nel cuore) e cosa ne esce fuori? Che alla fine, la canzone che canto più spesso sotto la doccia mentre cerco di scrostarmi il sapore di sale che ho sulla pelle, è questa meravigliosissima poppeggiante e appena appena psichedelica Don't worry baby. Che poi, pagherei io, per essere nato settant'anni fa, ed essere stato un Beach boy...
  • Amore disperato - Super B. (Super B, 1998) Come dicevo, la forzata astensione al leggittimo godimento musicale porta a, non dico brutte, ma di sicuro inaspettate sorprese (che poi, se non fossero inaspettate, in effetti, che sorprerse sarebbero?) e il secondo brano più karaokato da me sotto la doccia - eh si, immaginatemi pure: cuffietta a pallini per i capelli, l'albino culetto schiumato che sculetta di qua e di la, braccio della doccia usato come microfono - è la cover di Amore disperato, di Nada, per mano dei Super B. Chi erano questi? Cosa volevano? Che fine hanno fatto? Boh, chissenefrega, dico io. Tanto da oggi torno ad ascoltare musica seria... non è vero, sto bluffando!, questa canzone mi piaceva e mi piace ancora da morire. E la canto spessissimo e senza vergogna!
  • Com'è profondo il mare - Lucio Dalla (Com'è profondo il mare, 1977) Bruciato, ucciso, umiliato, piegato ma, ciò nonostante, com'è profondo il mare. Fine della vacanza belli, si torna al dramma collettivo.

giovedì 22 agosto 2013

Week 34/13

  • Armed for Peace - Suuns (Zeroes QC, 2010) Non è perchè li ho appena visti in concerto nè perchè ho conosciuto e chiacchierato con Joseph e Liam. E non è neanche perchè mi hanno riempito di autografi e regalato (re-ga-la-to!) un vinile del loro secondo album. E figuriamoci se è perchè Liam ogni volta che mi vedeva si spaccava dalle risate o perchè ci siamo fatti le foto insieme in giro per Castelbuono. No, no, niente di tutto questo. E' solo perchè, iniziare una carriera discografica in questo modo, vuol dire proprio essere dei fuori classe.
  • It's too late - Asobi Seksu (Asobi Seksu, 2003) Qual'è quel gruppo anglofono, capitanato da una japanese girl, capace di scrivere e registrare meravigliose canzoni pop al confine fra lo shoegaze, il dream e il noise puro (non centrano i Beatles yokoani)? Avete risposto Blonde Redhead, vero? Buffoni! Innanzi tutto, Kazu Makino non vale neanche la metà di Yuki Chikudate, nè come musicista nè come voce. Poi, una canzone come questa, i Blonde Redhead se le sognano la notte. Un inizio quasi NAM per quella che sembra solo una classica ballata un pò maledetta. Un andamento lento che rimanda all'infinito un ritornello che in effetti non arriverà mai. Una prima esplosione infernale, poi la quiete, poi di nuovo un'esplosione e poi un'altra ancora. Una coda lunga quattro minuti, fra i più infiammati e rumoristici del decennio. Quattro minuti di sbando calcolato al secondo, di feedback, di muri sonori. Quattro minuti bellissimi. E poi, com'è logico che sia, tutto finisce nel silenzio più assoluto.
  • Water - Blonde redhead (Fake can be just as good, 1997) To', i Blonde Redhead, ne parlavo giusto poc'anzi... lo ammetto, non è che questo pezzo (per esempio) sia poi tanto male. E' solo che mi pare uscito dal CBGB's con quindici-diciotto anni di ritardo. Io me li immagino tutti e tre - la Makino e i gemelli Pace - chiusi nello scantinato del CBGB's a fare sesso fra loro e ad ascoltare ogni notte, per ore e con invidia, le urla di Lydia Lunch e gli amplessi chitarristici di Glenn Branca e compagnia bella. E questo gli fa onore. Ma purtroppo me li immagino anche venirne poi fuori, quando ormai la festa era finita e re e regine se ne erano andati altrove, meschinemente soddisfatti per la scoperta di quei pochi riflettori rimasti ancora inutilmente accesi, che potevano finalmente essere tutti per loro.

sabato 17 agosto 2013

Week 33/13


  • Wish - Nine Inch Nails (Broken, 1992) Avevo 13 anni nel 1992, e se mi fosse piaciuta questa canzone non ci sarebbe stato davvero niente di male. Ma scoprire i NIN a 34 quasi 35 anni e strapparsi i capelli dalla testa per questa accozzaglia industrial pseudo rumoristica un pò metal e con un cantato romatico-dannato da far impazzire le adolescenti, è cos'imperdonabile che per forza mi dovevo sputtanare e venirvelo a raccontare. Ecco, ho scoperto i NIN e mi piacciono pure. Mi perdonate?
  • Hero Worship - B-52's (The B-52's, 1979) Sfondo giallo canarino e, in alto verso l'angolo, scritta in corsivo rosso "the B-52's". Poi, da sinistra verso destra, uno dopo l'altro: un tizio alto più degli altri, con un completo blu elettrico e gli occhi spalancati tipo civetta; un altro tizio di nero vestito e gli occhiali da cieco a coprire una faccia da Matt Damon dei poveri; un'imbarazzante fontana di capelli castani che esplodono sulla testolina e sugli occhietti deliziosi di una donna travestita da Star Treck; un altro uomo che sembra il più normale di tutti se non fosse per l'inquietante somiglianza con Richie Canningam e Max Pezzali e per gli accoppiamenti di colori dei suoi indumenti; e per finire un'altra donna, quella minacciosa a causa delle dita smaltate rivolte proprio verso di noi e per quel tornado di bianco e nero che l'avvolge ovunque, con quell'indimenticabile cofana bianca ficcata come un cactus sopra la testa. Ecco, così si presentavano visivamente al mondo i B-52's nel 1979 e ancora più sguaiati, più indecifrabili e più eccentrici si presentavano sonoramente. Basta ascoltare questa canzone, e poi magari l'intero album, per rendersene conto, e per rendersi conto che questi erano completamente, chi un pò di più, chi un pò di meno, completamente, pazzi!
  • Heather angel - Sonic Youth (A thousand leaves, 1998) Secondo me, che la canzone migliore di quest'album (e di questo particolare periodo dei SY) sia la terza e ultima parte dell'ultima traccia, vorrà pur dire qualcosa, soprattutto considerando che è totalmente diversa da ciò che si è ascoltato nella precedente ora... ma per onore del mio amico Andrea Alba, per onore dei miei magnifici SY e di conseguenza per onore di me stesso, eviterò di chiedermi cosa. Me l'ascolto a tutto volume e vado avanti! Che tanto la cosa bella di un disco è che quando finisce lo puoi rimettere subito da capo e aspettare con ansia l'ultima parte dell'ultima traccia!

venerdì 9 agosto 2013

Week 32/13 - una tripletta catanese aspettando l'Ypsigrock (e sbattendomi la testa ovunque per il caldo, ammazzando così idee migliori di questa)


  • The Game - Please don't touch the drummer (Feel the monkey for one day!, 2011 forse) La canzone non è male, anzi, mi piace proprio, ma quello che rende speciale il brano di apertura dell'ep dei catanesissimi PDTTD è il video... vi consiglio di guardarlo tutto, fino alla fine, e di scrivermi poi cosa ne pensate.
  • Suaviter - Uzeda (Different section wires, 1998) Dietro questo taglientissimo vetro rotto c'è una tenera storia d'amore: ci sono io (ubriaco) che trascino dietro il palco Francesca (ubriaca) subito dopo un concerto degli Uzeda ai Benedettini, circa sette anni fa. Ci sono ancora io (sempre più ubriaco) che abbraccio e bacio Giovanna Cacciola e c'è Giovanna Cacciola (sorridente, allegra, solare, immensa) che si fa abbracciare e baciare. Poi c'è sempre Giovanna Cacciola che stringe le mani a me e Francesca (ubriachi e commossi) e che ci dice che siamo belli e cose di questo genere. Poi ci sono i saluti, ci sono le promesse, ci sono ancora baci. Io e Francesca andiamo via, scendendo verso la vita reale, e lei mi fa "non me l'avevi mai detto che vi conoscevate". "Non l'avevo mai vista prima di stasera," le rispondo io "ma se lei ha detto che sei quella giusta, allora sei quella giusta".
  • Lolita - Ultravixen (Avorio erotic movie, 2009) Anche dietro questa girandola di rumore rockabilly c'è una tenera storia d'amore ma, visto che è già stata raccontata almeno un paio di volte da qualcun altro più fico di me, io non ve la posso raccontare, perchè mi arresterebbero per plagio... allora mi sto zitto, e vi faccio godere questa canzone! ...and I wanna cica cica boom!

giovedì 1 agosto 2013

Week 31/13


  • Rats - Metz (Metz, 2012) Questa canzone, così come tutte le altre canzoni dell'album, ha le carte in regola per piacermi davvero. E' piena di distorsioni, di rumori e voci urlanti. Ha un titolo viscido, una cavalcata centrale abbastanza ipnotica e una discreta velocità che la tiene comunque lontana dal pallosissimo hardcore. In più dura poco, è nera ed è indubbiamente molto nervosa. Eppure, questa canzone, così come tutte le altre canzoni dell'album, non mi piace per niente. Mi pare un poco molla, inconsistente e mono-dimensionale. Insomma, una noia mortale...
  • Girls - Death in Vegas (Scorpio rising, 2002) Impazzisco per qualsiasi cosa sia mai uscita e mai uscirà da quelle, benedettissime, inglesissime, Contino Rooms (Porca Puttana!).
  • Dirge - Death in Vegas (The Contino sessions, 1999) Forse non ci siamo capiti: io, impazzisco, per, qualsiasi, cosa, sia, mai, uscita, e, mai, uscirà, da, quelle, benedettissime, inglesissime, Contino, Rooms. E poi già il titolo è fichissimo e azzaccatissimo! 

giovedì 25 luglio 2013

Week 30/13 - Una tripletta nostalgica e romantica per premiare i video.


  • Cigarette in your bed - My Bloody Valentine (You made me realise, 1988) Quando qualcuno mi guarda stralunato ma curioso, dopo avermi sentito dire che il mio gruppo preferito è i My Bloody Valentine, questa è solitamente la canzone che gli faccio sentire per spiegargli esattamente di cosa parlo. Questa canzone - con questo splendido video non ufficiale - a volume spropositato. E comu finisci si cunta.
  • Her morning elegance - Oren Lavie (The opposite side of the sea, 2009) Non dovrebbe piacermi, questa canzone, eppure mi piace. Ma mi piace perchè mi piace il video. E il video mi piace perchè mi piace la Stop Motion. E la Stop Motion mi piace perchè puoi fare tante cose stupide, divertenti e romantiche come far camminare da soli un paio di pantaloni neri, far piovere cuscini bianchi, andare in tandem su un letto con gli occhi chiusi, fare gli uccellini con i calzini, far volare un contrabbasso... 
  • Flagpole sitta - Harvey Danger (Where have all the merrymakers gone?, 1997) Questo maledetto video, oltre ad essere il primo Office Lip Dub della storia (e anche il più bello in assoluto), ha la capacità unica di mettere mio cugino di un umore così buono e propositivo da fargli anche pensare che, tutto sommato, l'umanità non faccia del tutto schifo, e che i suoi colleghi, in fondo in fondo, non siano poi così male! Vi pare poco?

venerdì 19 luglio 2013

La tripletta di Giuseppe Scuderi

Secondo ospite delle nostre pagine, Giuseppe Scuderi è un sentimentale senza speranza. Parla, parla, si mette in posa da duro ma poi... eccolo lì, proprio un sentimentale senza speranza...
  • Fake plastic trees - Radiohead (The bends, 1995) Vpiace quella band radicalmente sperimentale, eppure da milioni di copie, che contamina la musica rock con ogni sorta di diavoleria elettronica, quella band che, a forza di sperimentare, è giunta ormai ai confini dell’impenetrabile, quella band che risponde al nome di Radiohead? Ecco: allora questo pezzo non fa per voi. Questi sono i Radiohead prima di diventare i Radiohead, prima della svolta, i Radiohead quando piacevano a me! L’album, il loro secondo, fu suonato dal vivo allo stadio Cibali di Catania, dopo i Flor e prima dei REM, estate1996, in un concerto insuperato che fece la storia della città; il pezzo, la quarta traccia, è considerato (da me) un capolavoro assoluto (usiamola pure l’iperbole, che tanto è gratis): un crescendo struggente di musica e parole, tra senso di finzione e ricerca d’autenticità, che spodesta CreepChe dire d’altroIf I could be, who you wantedif I could be, who you wanted… all the time… all the time…”
  • The idea of north - Shellac (At action park, 1994) Inizio perentorio: questo è uno dei migliori album della storia della musica, e in subordine il migliore degli Shellac! Il brano scelto è volutamente contro-corrente rispetto alla corrente impetuosa e mefistofelica che attraversa l’intero album (freddo-calda, razionale-emotiva, sensuale-meccanica); il brano scelto è, per questo, da solo, una storia, un altro album, un’incursione degli Slint nel mondo Shellac, un mondo lacustre e silenzioso, adamantino e visionario… che viaggio!
  • Slint - Washer  (Spiderland, 1991) Dopo gli Shellac che fanno gli Slintmi pare doveroso chiudere con gli Slint che fanno se stessi! Gli Slint sono una stella cadente, di quelle che vengono giù con la coda da cometa, una scia verde che brilla ancora a lungo nel cielo dopo che è scomparsaun EP e due album fra cui “uno dei migliori album della storia della musica” (cit. post precedente). Mi rendo conto che possa apparire sospetto trovare in un unico post due dei migliori album della storia della musica, ma ribadisco che, pur in tempi di crisi, l’iperbole resta gratis… Quindi prendetela per buona e magarise già non lo avete fatto, ascoltate Spiderland, fin dalla copertina (sì, pure quella si ascolta) e fatelo mentre siete in macchina, di notte, magari un po’ alticci irrimediabilmente illanguiditi da, che ne so… pensieri tipo “i vent’anni non torneranno più, omioddio” o “i vent’anni non torneranno più, meno male” (va bene anche alzare l’asticella con interrogativi amletici “che senso ha tutto questo?” o ne verrò a capo prima o poi?”) quando a un certo punto prenderete quella strada buia che chissà dove porta, perché chi guida inseguendo i suoi pensieri di notte prima o poi finisce in una strada buia che chissà dove porta, alzate il volume dell’autoradio e selezionate la traccia 4. E presto, languore dopo languore, nota dopo nota, lacrima dopo lacrima, vi ritroverete alla fine di quella strada e… ecco, mi avete scoperto: sono un sentimentale senza speranza!

martedì 16 luglio 2013

Week 29/13

  • Karen Koltrane - Sonic Youth (A thousand leaves, 1998) Non è che questa canzone sia brutta in senso assoluto, no. E' solo che somiglia troppo ad altre canzoni dei Sonic Youth come Death Valley '69, Theresa's sound world, Bad mood, Freezen Burn, New city rhyme, Shadow of a doubt, Expressway to yr. skull, Beauty lies in the eye e Washing machine. E anche un pò a No queen blues, Wildflower soul, NYC ghosts and flowers, Tom Violence, Halloween, Tuff Gnarl, Brother James, Inhuman e perfino a Sweet Shine. Certo, è evidente che i furti più clamorosi sono stati perpetuati a danno di Con un deca degli 883 e alla sigla originale de La principessa Zaffiro, quella cantata da Marco Ferradini, ma questa è un'altra storia. Ah!, sti Sonic Youth, ma come dobbiamo fare?
  • Happy when it rains - Jesus and Mary Chain (Darklands, 1987) "And we tried so hard. And we looked so good. And we lived our lives in black. But something about you felt like pain" e ancora "You were my sunny day rain. You were the clouds in the sky. You were the darkest sky. But your lips spoke gold and honey. That's why I'm happy when it rains". Ecco. Solitamente le canzoni d'amore dedicate agli ex sono o nostalgiche smielate sentimentali ("torna da me, non valgo nulla senza di te")  o velenose ingiunzioni di mantenersi a debita distanza ("mi hai prosciugato il conto in banca per pagarti le tue puttane"). Questa invece è così romantica e solare che per forza, per forza deve essere stata inventata di sana pianta.
  • In bad dreams - God Machine (One last laugh in a place of dying, 1994) "Li hai mai ascoltati i God Machine?" chiese una volta a mio cugino il capo dei suoi colleghi, che non è il suo capo, anche se lo è stato (in parte) in passato, ed in fin dei conti è compare del suo capo (che poi in realtà è il capo del suo vero capo). "Ceeeeeerto!!!" mentì lui. Corse subito a casa, scaricò l'intera discografia dei God Machine (due album e mezzo) e fece una full immersion, per fare bella figura il giorno dopo col capo dei suoi colleghi e compare del capo del suo vero capo. In realtà la full immersion dura ancora da diversi mesi, dato che i God Machine sono eccezionali. Solo che al capo dei suoi colleghi e compare del capo del suo capo mio cugino non glielo può mica dire, perchè poi i suoi colleghi gli darebbero del leccaculo. Però glielo posso dire io: compare del capo del vero capo di mio cugino: grazie per averci fatto scoprire i God Machine! Sono eccezionali!

mercoledì 10 luglio 2013

Week 28/13

  • Let me put it in - Andre Williams (Silky, 1997) Quest'uomo aveva sessantuno anni quando ha scritto e registrato questa canzone, nel 1997. Sessantuno. E mentre l'ascolto a ripetizione, me ne sto stravaccato sul divano a piangermi addosso per il caldo, la noia e le stracanaggini che i miei colleghi mi fanno ogni giorno al lavoro. E di anni ne ho trentaquattro. Vergogna!
  • I'm qualified to satisfy you - Dirtbombs (Ultraglide in black, 2001) Per colpa di questa canzone ho ricomprato il giradischi e cominciato a frequentare squallidi mercatini delle pulci, sezioni completamente folli di eBay e improbabili negozi di dischi di seconda mano sparsi per tutta Europa. Il fatto è che gli album si ascoltano in vinile, e non  per questione di pulizia del suono o per amore di quei fastidiosissimi scricchiolii di sottofondo che non capisco come qualcuno li possa trovare affascinanti e imprescindibili. No. E' solo che rimane il modo migliore per distinguersi da quei dementi tuttologhi che si professano esperti di musica e che per dimostrarlo sfogliano le cartelle dei loro hard-disk portatili mostrando compiaciuti le intere discografie in mp3 di Vasco Rossi, Enya e chissà-chi-minchia-altro. Ecco perchè sono tornato al vinile. Per distinguermi. Perchè poi ci sia tornato dopo essere stato folgorato da questa canzone di Mick Collins e Co., non saprei proprio dirlo e, comunque, chi se ne frega!

giovedì 4 luglio 2013

Week 27/13 - una tripletta nostalgica II


  • Movin'on up - Primal Scream (Screamadelica, 1991) Castelbuono, 12 agosto 2012, ore 23 circa. Io sudato, Frankie sudata, Fabry sudato, Fabiola sudata. I Primal Scream a tre metri da noi, freschi come una rosa: Andrew Innes ricomincia a suonare e io a saltare come un bambino. "This song is dedicated to Pier Paolo Pasolini" dice quel socialista di Bobbie Gillepsie, con il suo proverbiale ciuffo a coprirgli metà del viso "I was blind, now I can see, You made a believer, out of me". E io continuo a saltare perchè lo sapevo, lo sapevo che questo gospel non poteva essere quello che sembrava, ma molto di più! Lo sapevo, lo sapevo!
  • Tarpit - Dinosaur jr. (You're living all over me, 1987) Mio cugino ha un collega così rovinato che una volta, mentre truffaldinamente gli sottoponevamo Tarpit, ci disse: strano, non avevo mai ascoltato prima questo brano di Neil Young, interessante. Ma la registrazione è rovinata, a metà canzone parte un rumore atroce... Mio cugino lo guardò in faccia, scosse la testa compiaciuto e gli disse: coglione.
  • Schizophrenia - Sonic Youth (Sister, 1987) La coscia scosciata di Kim, il caschetto biondo di Thurston, la camicia da surfista di Lee, le lentine di Steve, il sangue sulle corde di Thurston, la bacchetta che Lee usa come ponte, la precisione di Steve dietro la batteria, il vestito da porca di Kim, il pubblico in delirio, gli addetti alla sicurezza impassibili, gli occhiali da sole di Kim, la strafottenza di Lee, l'estasi di Thurston nei suoi occhi chiusi rivolti al cielo. Ma che altro volete?

venerdì 28 giugno 2013

Week 26/13 - una week speciale ed estenuante


  • Junk of the heart - Kooks (Junk of the heart, 2011) Non credo di dover dare spiegazioni sul perchè questa settimana ho deciso di postare solo questa canzone, stupida, insulsa e con con un ritornello così banale che è impossibile non canticchiarlo sorridenti per giorni e giorni... non credo di dover dare spiegazioni e quindi, vi prego, pensate pure quello che volete, ma lasciatemela fischiettare in santa pace, almeno fino al 27 novembre (data presunta).

lunedì 17 giugno 2013

Week 25/13


  • Bricks and Mortar - Editors (In this light and on this evening, 2009) Sono stato il primo a sentire gli Editors, io. E mi ricordo perfettamente quando è stato: 12 luglio 1981. Avevo solo tre anni, e mi hanno fatto subito schifo.
  • Sing - Blur (Leisure, 1991) Nel mondo della narrazione c'è una regola fondamentale secondo la quale, l'autore, è tenuto a fornire al pubblico, fin dai primi momenti, tutti gli strumenti/indizi utili per comprendere inequivocabilmente la storia presentata. Per questo, le prime scene di un film, o le prime righe di un libro, sono solitamente le ultime ad essere scritte: perchè anticipano (e riassumono) l'intera opera. Riascoltando questa canzone del loro primo album, dopo aver assimilato l'intera discografia dei Blur, ho avuto la stessa sensazione narrativa: la presenza di una miriade di indizi su tutto ciò che il quartetto - poi terzetto, poi di nuovo quartetto - inglese avrebbe fatto nei successivi ventidue anni: c'è il mood pop anni '60, ci sono le sonorità sbilenche e a tratti esotiche, c'è un capriccioso feeling garage (che forse avrebbero dovuto esplorare di più) e c'è perfino un testo brevissimo che copre solo i primi dei sei minuti di durata complessiva della canzone. Ecco, tutta la loro magnifica storia era già stata scritta fin dalle prime scene, anche se io non potevo saperlo. Sapevo solo che, album dopo album e canzone dopo canzone, cresceva sempre di più la mia sensazione di familiarità col gruppo e l'inconscia e rassicurante sensazione di conoscerli come le mie tasche, nonostante il loro percorso artistico non sia sempre stato prevedibile. E tutto questo per merito della riassuntiva, anticipatrice e magnifica Sing.
  • Music won't save you - Suuns (Images du futur, 2013) Chiudere un album chiamato Images du futur con una canzone del genere potrebbe non lasciare molto spazio all'ottimismo: elettronica minimalista, un nuovo concetto di dark music, un testo criptico e un epitaffio per titolo e ritornello: la musica non vi salverà. Sembrerebbe tutto chiaro (o meglio, scuro), ma i Suuns non sarebbero enormi se, quasi a fine canzone, non facessero abilmente marcia indietro, delegando al loro genio il compito di contraddirli. Una risata sommessa, un battere di mani lontano, poi di nuovo quella risata, più lunga e sguaiata, per ridicolizzare quell'epitaffio, per impennare all'improvviso l'umore, per accendere in quel vortice infernale una piccola luce di speranza per il futuro. Music won't save you, ah ah ah... music won't save you, ah ah ah!

La tripletta di Marcello Gurrieri

Primo, eccezionale ospite! Marcello Gurrieri sfodera per noi una tripletta interamente incentrata sui Cult, gruppo anni '80 veramente troppo ehm... cult!
  • Dreamtime - Cult (Dreamtime, 1984) E' la canzone che da il titolo e che meglio riassume l’album di esordio della band inglese nata dall’esperienza Southern Death Cult e Death Cult. Un album caratterizzato da ballate dark e da una traccia lontana del sound gothic tipico dei loro inizi. Dreamtime è un’ossessiva e coinvolgente incitazione rock al “tempo dei sogni” da preservare (“the only thing untouched that’s mine), esattamente come è da preservare la propria identità ("I will wear my hair long, an extension of my heart").
  • Revolution - Cult (Love, 1985)  “Is the town for revolution? Is the town for the revolution?” E’ il 16 marzo del 1987, e la domanda gridata di Ian Astbury, rivolta al pubblico in delirio dell’Hammersmith Odeon di Londra, è l’introduzione ad uno dei pezzi più coinvolgenti scritti dalla coppia d’assi Ian Astbury/Billy Duffy. I Cult cantano la rivoluzione personale, la rivoluzione dei cambiamenti, la rivoluzione dei sogni che non hanno fine, cantano un grido di ribellione alla società patinata degli anni ’80. “Revolution” è una canzone melodica che esplode, nel ritornello, in un potente coro liberatorio: “There’s a revolution!”. Questa canzone rappresenta perfettamente Love, album che riscosse notevole successo di critica e pubblico, e che sancì la raggiunta maturità della band a livello di suoni e di composizione. Sonorità accattivanti, ballate dark e rock tiratissimi: probabilmente l'apice della creatività dei Cult.
  • Wild flower - Cult (Electric, 1987) Chi aveva amato l’album “Love” fu sconvolto da “Electric”. I Cult avevano rivoluzionato la propria musica. Abbandonati dark e gothic sound, la band butta sul tavolo le carte dell’hard rock, in pieno stile AC/DC, e lo fa benissimo. “Wild flower” è uno dei singoli di maggior successo dell'album. Una storia d’amore raccontata con la potenza e la velocità di un missile. Un arrangiamento essenziale tipicamente hard - basso, chitarre elettriche e batteria - per un pezzo tiratissimo sin dall’inizio che sul finale regala una vera e propria detonazione adrenalinica: “Crazy ‘bout you yeah”, ripetuto quattro volte di fila, per chiudere poi all’unisono in un finale secco che lascia senza fiato e con un senso di totale appagamento.

    Marcello Gurrieri