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domenica 14 luglio 2019

Week 28/2019

  • On the motorway - Metronomy (Nights out, 2008) Quando ho ascoltato quest'album per la prima volta ho avuto difficoltà ad accettare che fossero davvero i miei Metronomy, o meglio, i Metronomy prima dei miei Metronomy. Basta ascoltare sto pezzo per esempio. È zaurdo. Devo dunque accettare questo, che i Metronomy prima dei miei Metronomy erano i Metronomy Zaurdi. Amen.
  • The end of innocence - Virginiana Miller (The unreal Mccoy, 2019) Oggi pomeriggio è successo questo. Giulietta mi si è avvicinata mentre cercavo disperatamente di dare un senso a quest'album, e mentre passa questa canzone, ficcando gli occhi dentro i miei, mi fa: "Papà, com'era la tua maestra?" E allora, senza esitare, io, comincio: "Beh, a me sembrava vecchietta, anche se non poteva avere più di 50 anni il primo giorno della prima elementare. Era un po' severa, dava tanti schiaffi a Francesco R. e gridava spesso con Daniele C. e Giorgio N. Ma a me mi ha dato solo uno schiaffo, in terza elementare, un mercoledì invernale. Ma era anche gentile. Ogni tanto non ci dava i compiti per casa e veniva alle feste di compleanno di Chiara A. Per Natale e la fine dell'anno scolastico preparava sempre una recita insieme a noi, spesso in siciliano. E la scriveva lei. Scriveva anche delle belle poesie e si firmava La Ginestra, come il fiore giallo che cresce sulla pietra nera dell'Etna. Amava il mare, perché ne parlava sempre, ma era di Randazzo, un piccolo paese proprio sopra il vulcano. Oggi dovrebbe avere circa 85 anni, se è ancora in vita. Quando ho scritto e pubblicato il mio primo libro, tramite suo figlio Guido che lavorava con me e con cui c'è tutta un'altra storia che prima o poi ti racconterò, gliene ho fatto avere una copia autografata. La dedica diceva: << alla maestra Rosanna, perché qualcuno doveva pur insegnarmi a leggere e scrivere >>. E poi, dopo qualche giorno, lei mi ha telefonato a casa e mi ha ringraziato. E io ho ringraziato lei". A quel punto restiamo un po' in silenzio, io non guardo più Giulietta, sono altrove. Dopo un po', lei mi fa: "Papà, ma perché stai piangendo?".
  • Good time Charlie - Priest (The seduction of Kansas, 2019) C'è qualcosa che mi piace assai in questa canzone, nonostante mi rimandi a gruppetti come Sleater-kinney, L7 e Decibelles. Banalmente, è il senso di urgenza della musica, il cantato spigoloso, il testo incomprensibile. Ma anche il calarsi completamente nel contesto dell'album e la batteria cattiva. In heavy rotation da mesi, chissà quanto mi stupiranno ancora. Sperando che la prossima volta che ne parlerò mi diano qualcosa di più intelligente da dire...

lunedì 16 luglio 2018

Week 27/28/29 - 2018 - una tripletta post Camargue, post Pointu, post campionato del mondo

  • Seven nation army - White Stripes (Elephant, 2003) Questa canzone mi ha fatto schifo in tre diverse occasioni: nel maggio 2003, nel luglio 2006 e infine nel luglio 2018. Perche? Cazzi miei. E poi, in fondo lo sapete.
  • Heavy metal - Clap Your Hands Say Yeah (Clap your hands say yeah, 2004) L'approccio a quest'album è stato esattamente come la finale di ieri pomeriggio: pensavo sarebbe stato un trionfo e invece è stato un disastro. Però, chissà come, alla fine si salvano tutti, e la Croazia, e i Clap Your Hands Say Yeah.
  • The wrong way - TV on the Radio (Desperate Youth, bloodthirsty babes, 2004) Anche l'approccio a quest'album è stato esattamente come la finale di ieri pomeriggio: pensavo sarebbe stato una sorpresa e invece era tutto scontato. Solo che, a differenza della finale, in questo caso era giusto cosi. 

domenica 16 luglio 2017

Week 27-28/2017 - una tripletta post Pointu


  • Celia's dream - Slowdive (Just for a day, 1991) Quello degli Slowdive era il live che più attendevo in questi due giorni di mare e amore che è stato il Pointu festival 2017, lo scorso week end, sull'Ile de Gaou. Beh, dire che mi sia strappato i capelli, è un po' esagerazione. Dire che mi sia commosso qua e la, è molto vicino a ciò che è davvero accaduto. Dire infine che anche senza l'autografo di e la foto con Neil Halstaed sarebbe comunque da annoverare fra i momenti aulici della mia vita è vero, eccome se è vero. Ma se dovessi anche dire che, nonostante tutto ciò, il live dei miei adorati Slowdive sia stato solamente il terzo più bello a cui abbia assistito in quei due giorni, ci credereste?
  • Charm assault - Ride (Weather diaries, 2017) Infatti, ero già shoccato completamente  dal frastuono atroce che avevano messo in scena la sera prima i Ride. Ora, non è che non li abbia mai apprezzati, che io i loro album li amo tutti e da sempre, ma avevo visto dei video in cui non mi sembravano molto a loro agio sul palco, un po' rigidi alle prese con le pedaliere e le pelli di tamburi. E invece, la vache, cos'hanno combinato in un'ora! Shoegazing a livello massimo, muri sonori all'altezza di chi, questo concetto, se proprio non lo ha inventato, sicuro ha contribuito a perfezionarlo. Strati sonori a volte acidi, a volte dream, sempre perfetti. Quando è finito ero completamente frastornato, consapevole, come non sempre succede, che era da collocare fra i migliori live a cui avevo mai assistito. 
  • Left/Right - Dinosaur Jr. (Give a glimpse of what yer not, 2016) Ammetto che c'è stato un momento in cui, dato l'orario previsto di inizio della performance dei Dinosaur Jr., dato un feroce scazzo con moglie e figlia accorse per godere anch'esse del live degli Slowdive, e dato infine che li avevo già visti per ben due volte di cui l'ultima proprio l'anno scorso a Nimes, avevo pensato di chiudere anticipatamente il mio Pointu festival 2017. Ma poi il destino mi ha fatto incontrare quattro conoscenti e connazionali, di cui uno con lo stesso sangue siculo e rock, che disgraziatamente non avevano mai visto suonare dal vivo J & Co. Beh, Frank Zappa diceva che scrivere di musica è come ballare di architettura. Per cui, dato che non trovo le parole per descrivere quello che è successo sull'Ile de Gaou fra mezzanotte e l'una e mezza del mattino del 10 luglio 2017, smetterò anche di cercarle, le parole, e lascio tutto alla vostra sensibile immaginazione.

venerdì 15 luglio 2016

Week 28/2016


  • Volume peaks - Arbor Labor Union (I hear you, 2016) Non voglio far finta di niente, che questo blog non sia mancato per ben dieci settimane e che non ci sia quindi un buco di ben 30 canzoni, ma preferisco non perdere altro tempo e andare subito al dunque, al presente e al futuro: e nel presente e nel futuro ci sono di sicuro questi tizi, le chitarre acide di questi tizi, la voce beffarda di questi tizi, il riproporre in loop niente di nuovo ma con estrema convinzione di questi tizi. Mi rendo conto che faccia un pò strano parlare di presente e futuro con una canzone che attinge un pò troppo dal passato, ma nella cultura pop funziona così. Il presente è solo un attimo fuggente, la linea inutile con cui i mediocri cercano di separare passato e futuro.
  • Away from the bar - Bantam Lyons (Melatonin spree, 2016) Anche ascoltare questa canzone dei francesi Bantam Lyons è come ascoltare un riassunto della migliore new wave britannica: Josef K., Joy Division e tutti, ma proprio tutti gli altri. Eppure anche qui, come nel caso dei Arbor Labor Union, invece di annoiare a morte il mio cervello nevrotico o di esaltare il mio cuore nostalgico, questo pezzo mi incuriosisce, mi fa venire voglia di ascoltare il resto dell'album. Forse, dopo aver rivalutato Savages e Interpol, devo arrendermi all'idea che il passato sia il nuovo futuro?
  • Why they hide their bodies under my garage? - Girl Band (Why they hide their bodies under my garage?, 2015) E ora lasciatemi parlare del passato, per così dire: nel mio delirio ossessivo verso Girl Band di cui sono stato vittima a inizio anno, ho incredibilmente trascurato questo brano. Per sbatterci di faccia, e farmici male, prima ancora di vederne il video, ho dovuto ascoltarla suonata dal vivo al TINALS di Nîmes: la ciliegina sulla torta di un concerto indimenticabile, preceduto e seguito da chiacchiere con i quattro dublinesi e regali vari, fra cui il plettro di Adam e le bacchette della batteria. Otto nove minuti di delirio rumoristico, ipnotico e danzereccio, che testimonia, ancora una volta, come se ce ne fosse davvero bisogno, che Girl Band è più di un gruppo da tenere d'occhio oggi: Girl Band è il gruppo che attinge al passato per rimodellare il futuro.

sabato 11 luglio 2015

Week 28/15


  • Ong ong - Blur (The magic whip, 2015) Probabilmente la canzone più Brit pop che i Blur abbiano mai fatto. Probabilmente l'album più Brit pop che i Blur abbiano mai fatto. Il punto è: ce n'era proprio bisogno?
  • Panorama - Kent (Panorama, 2009) Questo, mi hanno detto, dovrebbe essere il Nick Cave francese, il Tom Waits di Lyon, il Lou Reed con la erre moscia. Questo, sempre mi hanno detto, dovrebbe essere il Capossela d'oltralpe, il Leonard Cohen francofono, il duca bianco colorato. Questo, almeno quello che mi hanno detto, è ciò che Kent dovrebbe essere.
  • Holy Dream - Sexy Mexican Maid (//, //) Questo è invece il mio nuovo gruppo locale preferito, quello da cui ricomincerò a costruire qualcosa qui ad Aix. E, qualsiasi cosa sarà questo qualcosa che riuscirò a contruire, vi giuro, e lo giuro anche a loro, che mi ricorderò sempre di loro, del primo concerto a cui ho assistito, della prima chiacchierata rock col mio assurdo francese!

lunedì 21 luglio 2014

Week 27, 28, 29, 30 /14

Per ragioni totalmente dipendenti dalla mia volontà, questo sito rimarrà oscurato, trascurato, abbronzato per un bel po'...
Bye bye...
Io & mio cugino

mercoledì 10 luglio 2013

Week 28/13

  • Let me put it in - Andre Williams (Silky, 1997) Quest'uomo aveva sessantuno anni quando ha scritto e registrato questa canzone, nel 1997. Sessantuno. E mentre l'ascolto a ripetizione, me ne sto stravaccato sul divano a piangermi addosso per il caldo, la noia e le stracanaggini che i miei colleghi mi fanno ogni giorno al lavoro. E di anni ne ho trentaquattro. Vergogna!
  • I'm qualified to satisfy you - Dirtbombs (Ultraglide in black, 2001) Per colpa di questa canzone ho ricomprato il giradischi e cominciato a frequentare squallidi mercatini delle pulci, sezioni completamente folli di eBay e improbabili negozi di dischi di seconda mano sparsi per tutta Europa. Il fatto è che gli album si ascoltano in vinile, e non  per questione di pulizia del suono o per amore di quei fastidiosissimi scricchiolii di sottofondo che non capisco come qualcuno li possa trovare affascinanti e imprescindibili. No. E' solo che rimane il modo migliore per distinguersi da quei dementi tuttologhi che si professano esperti di musica e che per dimostrarlo sfogliano le cartelle dei loro hard-disk portatili mostrando compiaciuti le intere discografie in mp3 di Vasco Rossi, Enya e chissà-chi-minchia-altro. Ecco perchè sono tornato al vinile. Per distinguermi. Perchè poi ci sia tornato dopo essere stato folgorato da questa canzone di Mick Collins e Co., non saprei proprio dirlo e, comunque, chi se ne frega!