mercoledì 4 giugno 2014

La tripletta di un uomo d'onore. La tripletta di Marco Vitale

E' stato il primo a promettermela, la tripletta, e anche se non è stato il primo a fornirmela, chi se ne frega? E' un onore per me ospitare in queste sgualcite pagine le tre canzoni di un uomo la cui esperienza di vita e di musica non potrei eguagliare, io, neanche in tre vite. Un uomo che ha masticato pessima new wave, atroce rumore, esasperante elettronica minimalista. Un uomo che ha girato, errato, vagato e che poi, a sorpresa, è tornato al nido. Signore e signori, con grande affetto, la tripletta di Marco Vitale!
  • Dead souls - Joy Division (Still, 1980) Una gita scolastica e un libro con una copertina nera. Chissà dov'è finito ora. Le mie prime traduzioni dall'inglese e questo pezzo fatto di alternanze di malinconia e disperazione, rumore e cadenzata eleganza. Da queste parti, si pongono le basi di futuri decenni di inquietudini in musica.
  • Svefn-g-englar - Sigur Ros (Agaetis Byrjun, 1999) Datemi una stanza con una terrazza. Da li posso ammirare un paesaggio sterminato, solitario, illuminato da una gelida luce. Ma l'aria è tersa, mi viene voglia di uscire, camminare fino a perdermi sulla linea dell'orizzonte, verso il silenzio.
  • Il veliero - Lucio Battisti (La chitarra, il contrabbasso, la batteria eccetera, 1976) Hanno detto che questo è un prototipo di house music. Hanno anche detto che Flea l'ascoltava ripetutamente durante le sedute di Blood Sugar Sex Magic. Non so se queste cose siano vere, ma di certo perdersi nella sezione ritmica, qui, è puro piacere. Della serie: se Battisti fosse nato ad altre latitudini...

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