lunedì 17 giugno 2013

Week 25/13


  • Bricks and Mortar - Editors (In this light and on this evening, 2009) Sono stato il primo a sentire gli Editors, io. E mi ricordo perfettamente quando è stato: 12 luglio 1981. Avevo solo tre anni, e mi hanno fatto subito schifo.
  • Sing - Blur (Leisure, 1991) Nel mondo della narrazione c'è una regola fondamentale secondo la quale, l'autore, è tenuto a fornire al pubblico, fin dai primi momenti, tutti gli strumenti/indizi utili per comprendere inequivocabilmente la storia presentata. Per questo, le prime scene di un film, o le prime righe di un libro, sono solitamente le ultime ad essere scritte: perchè anticipano (e riassumono) l'intera opera. Riascoltando questa canzone del loro primo album, dopo aver assimilato l'intera discografia dei Blur, ho avuto la stessa sensazione narrativa: la presenza di una miriade di indizi su tutto ciò che il quartetto - poi terzetto, poi di nuovo quartetto - inglese avrebbe fatto nei successivi ventidue anni: c'è il mood pop anni '60, ci sono le sonorità sbilenche e a tratti esotiche, c'è un capriccioso feeling garage (che forse avrebbero dovuto esplorare di più) e c'è perfino un testo brevissimo che copre solo i primi dei sei minuti di durata complessiva della canzone. Ecco, tutta la loro magnifica storia era già stata scritta fin dalle prime scene, anche se io non potevo saperlo. Sapevo solo che, album dopo album e canzone dopo canzone, cresceva sempre di più la mia sensazione di familiarità col gruppo e l'inconscia e rassicurante sensazione di conoscerli come le mie tasche, nonostante il loro percorso artistico non sia sempre stato prevedibile. E tutto questo per merito della riassuntiva, anticipatrice e magnifica Sing.
  • Music won't save you - Suuns (Images du futur, 2013) Chiudere un album chiamato Images du futur con una canzone del genere potrebbe non lasciare molto spazio all'ottimismo: elettronica minimalista, un nuovo concetto di dark music, un testo criptico e un epitaffio per titolo e ritornello: la musica non vi salverà. Sembrerebbe tutto chiaro (o meglio, scuro), ma i Suuns non sarebbero enormi se, quasi a fine canzone, non facessero abilmente marcia indietro, delegando al loro genio il compito di contraddirli. Una risata sommessa, un battere di mani lontano, poi di nuovo quella risata, più lunga e sguaiata, per ridicolizzare quell'epitaffio, per impennare all'improvviso l'umore, per accendere in quel vortice infernale una piccola luce di speranza per il futuro. Music won't save you, ah ah ah... music won't save you, ah ah ah!

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