venerdì 8 giugno 2018

Week 23/18 - Post Nîmes

  • Loser - Beck (Mellow gold, 1993) Innegabile che le cose più eccitanti del TINALS sono quest'anno arrivate dalle nuove promesse, in particolare, per me, da Rolling Blackouts Coastal Fever e Fabulous Sheep, ma non è per questo che le delusioni dovevano essere cosi deludenti e i big cosi noiosi! Dico, mi rendo conto perfettamente del percorso artistico, eccezionale sia chiaro, di Beck nel corso di 25 anni, ma dopo averlo finalmente visto live non posso che definirlo Sua Deludenza Reale Beck. Otto persone sul palco, suoni puliti con la candeggina, movenze che manco Bono Vox in crisi mistica e poi, su tutto, quell'autobus nero, alle due del mattino, illuminato dal di dentro così da mostrare tutto, che portava già la ciurma al prossimo appuntamento, come da programma, da contratto, da bravi professionisti. Non era il Beck che mi aspettavo. Insomma, pensavo fosse un lo-fi e invece è proprio un ci-sei...
  • Snakedriver - Jesus and Mary Chain (The sound of speed, 1993) Altra delusione, però prevista questa, e comunque diversa da quella di Beck. Qui i signori JAMC hanno come suonato per un'ora la stessa canzone. Suonata benissimo, per carità, e poi, che canzone! Però ecco, questo è un gruppo che live dovrebbe stuprare le orecchie, prendere a pugni lo stomaco e sputare rumorosamente in faccia arrogante saliva infetta. Invece, ecco, fa solo comparire un sorrisino in faccia, fa montare il desiderio di ringraziare per la dedizione e poi di scapparsene via, per poter mettere la X della presenza accanto al loro nome. Un po' poco, mi pare, per il gruppo che ha scritto Psychocandy...
  • Kili kili - Black Bones (Kili Kili, 2017) Fra le delusioni cocenti bisogna anche inserire i giapponesi senz'anima dei DYGL (che però sono tanto piaciuti a Giuly), quella noia mortale dei Cigarettes after sex e, infine, Father John Misty che non è proprio che mi ha deluso ma è che, in fondo, mi fa schifo e quindi dopo due canzoni l'ho mandato a quel paese, o meglio sono andato via io. Sono andato via io dunque e sono finito sotto al palco di questi francesi Black Bones, un po' snobbati in fase di preparazione al festival ma che mi hanno proprio shockato live. Un po' per la presenza scenica - basta vedere questo video - ma soprattutto perché sono bravi, punto e basta. Scrivono belle canzoni e le suonano anche bene. Sono piaciuti anche a Francesca, a Giulietta e ad un altro migliaio di persone che salticchiavano allegramente sotto al palco. Chi è che aveva detto che il rock, in Francia, era come la famiglia arcobaleno in Italia, cioè inesistente?

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