- Gazzelles in flight - Suuns & Jerusalem in my Heart (Suuns & Jerusalem in my Heart, 2015) Mi ha stupito sicuramente la location che Suuns & JIMH hanno scelto per la loro tappa londinese: un buco ad Hackney, di classe si, ma in cui non entravano più di 400 persone. Mi ha stupito anche che il concerto sia iniziato più che puntuale, puntualissimo, così come mi ha stupito che i controlli di sicurezza per entrare fossero del tutto inesistenti, anche se forse è stato meglio così, l'ambiente era più rilassato e tranquillo. Mi ha pure stupito sentire i quattro Suuns e Radwan Moumneh suonare come fossero una cosa sola, suonare dando vita a un'idea nuovissima in cui i due singoli progetti erano riconoscibilissimi ma non amalgamati, sommati a dar vita a qualcosa di nuovo e bellissmo che, per farla breve, mi è piaciuto un sacco. Invece, quello che non mi ha stupito per niente, è che Andrea si sia innamorato di Liam O'Neill dopo neanche il primo colpo di batteria.
- Watcher in the distance - Coral (The curse of love, 2015) E anche se non era la prima volta che andavo a Londra a vedere un concerto stavolta, probabilmente perchè ho lasciato vergognosamente a casa moglie e figlia e ho fatto il ragazzino con Andrea, ci ho preso gusto. E allora, dato che mi è già arrivata una bella mail con i prossimi tour UK, indovinate quale lacuna concertistica colmerò nella prossima primavera?
- 1981 - Public Image Limited (This is what you want, this is what you get, 1984) Come promesso (a me stesso), la mattina dopo il concerto mi sono battuto in lungo e largo tutti i negozi di dischi di So.Ho. ma, al contrario di quello che mi ero figurato, non sono riuscito a trovare niente di Girls Names e Girl Band. Dunque, sono rientrato a Aix a mani vuote. Dunque, ieri mattina ho promosso questo album da cose da ascoltare a cose sotto ascolto. Beh, comunque, questo non toglie che, non appena riuscirò a trovare gli album di questi due nuovi e formidabili gruppi, i vecchietti del mio cuore si faranno da parte immediatamente anche perchè, album dopo album, canzone dopo canzone, cominciano a farsi un poco noiosi.
- Powers of ten - Suuns (Images du futur, 2013) Fra qualche giorno prenderò un aereo Marsiglia - Londra, attraversarò buona parte di Londra in treno e metropolitana e arrivarò fino all'Oslo Hackney, dove poi assisterò al concerto di Suuns & JIMH. Poi passerò dell'altro tempo in giro per Londra, magari in metropolitana ancora, ma anche a piedi e autobus, e infine dovrò rientrare a Marsiglia, sempre in Aereo. Scusate se, dopo gli ultimi eventi, al di là di ipocrisie e leggi dei grandi numeri, mi sento un pò nervoso.
- Glitter sea - Decibelles (Sleep sleep, 2015) Quest'album non è ancora sotto ascolto, ancora neanche lo possiedo, e questa canzone, che ascolto per la seconda volta in vita mia, l'ho scelta a casaccio. Sembro pazzo, è vero, ma mi serviva qualcosa che parlasse del mio futuro. Non del presente o del passato. Del mio futuro.
- The new life - Girls Names (The new life, 2013) Stesso discorso qua: prometto solennemente che, la mattina dopo il concerto di Suuns & JIMH, andrò sgambettando da Record Store, o da Rough Trade, o in quell'altro negozio della copertina degli Oasis, e comincerò a spendere Sterline per colmare quest'inspiegabile quanto fantastica lacuna rumoristica. E poi, prometto ancora, tornerò qui a parlarne.
- Extreme wealth and casual cruelty - Unknown Mortal Orchestra (Multi-Love, 2015) Quest'album è eccezionale, non c'è che dire. Ben pensato, ben scritto, ben suonato e ben prodotto. Eppure, è di una noia mortale. Non c'è un briciolo di originalità, in questo frullato di stili. Non c'è stupore, non c'è grinta, non c'è la minima intenzione di spostare la linea un pò più in la. C'è solo, appunto, il più confortevole giocare con garbo con ciò che è già collaudato.
- Gently - Coral (The curse of love, 2014) La lampante prova sonora che, con l'abbandono di Bill Ryder-Jones, i Coral, ahime, hanno si, eccome, hanno proprio perso qualcosa...
- Neuland - Vintage Cucumber (Neuland, 2014) Questi invece si che provano a spostare la linea più in là, eccome. Terreno pericoloso, quello della psichedelia, dove tutto sembra essere concesso ma dove tutto in realtà è giudicato sotto rigidi paradigmi conservatori, quelli dettati dai cosidetti capolavori la cui maggior parte, ormai, ha più di quarantanni. Eppure, al di fuori delle mode e dei continui ritorni di fiamma neo-psichedelici a cadenza decennale o poco più, ecco uno di quei gruppi che, come milioni d'altri, ha lavorato in silenzio, producendo e scrivendo e prendendo droghe e suonando. Non saranno i prossimi Tame Impala, di sicuro e grazie a dio!, ma loro la linea provano a spostarla eccome, e anche se il terreno è indubbiamente quello della psichedelia più classica con sfaccettature kraut, gli angoli in cui si addentrano e soffermano, come dimostra questa semplice canzone, sono indubbiamente del tutto nuovi.
- Polonia - Cheveu (BUM, 2014) Potrebbe essere solo un trip di passaggio, lo so lo so, non è che non mi conosco ormai dopo 37 anni di convivenza con me stesso, ma quando un album mette in fila, in apertura, tre canzoni come Pirate bay, Slap and shot e questa apocalittica Polonia, le possibilità di trovarmi all'ascolto del mio prossimo nuovo gruppo preferito sono alte, ma proprio alte. Io lo so, sono altissime.
- You don't give up - Blake Babies (Earwig, 1989) La mia intenzione, un paio di settimane fa, era di dare solo una sbirciatina a quel live dei Blake Babies di cui vi parlavo ma, invece, è successo che non è più uscito dalla mia playlist. Sia chiaro, non tanto per mia volontà, che le mie regole di ascolto sono chiare e note, ma per volontà di moglie e figlia che, a volte, pretendono suoni un pò più morbidi rispetto a quelli che girano di solito in casa, in macchina, in bagno. E va bene, pensai io, vada per i Blake Babies che scavalcano tutti, va bene. Però poi, quello che è successo, a sorpresa, è che dopo un pò hanno cominciato a fracassarmi letteralmente le palle. Quindi, addio Blake Babies! Cosa salvo, prima di relegare questo album nella lista di quelli già sentiti? Questa You don't give up, che nella versione live è del tutto simile a questa in studio: così sonicyouthiana, così kimdealiana, così ingenuamente pre-grunge che... beh, un sorriso lo strappa proprio.
- My hero - Foo Fighters (The colour and the shape, 1997) Questa, lo dico subito, non è in ascolto in questi giorni. Che poi, neanche bisogno avrei di ascoltarla, tanto ce l'ho ficcata nel cervello, nella carne, nell'anima, nel sangue. Ma è d'obbligo inserirla per ringraziare questo gruppo - questo gruppo che da un certo punto in poi ho deciso di snobbare, sbagliando sbagliando sbagliando - di esistere, di suonare, di scrivere e registare, e di aver fatto per noi avidi bevitori di rock una cosa che mai nessuno, eccetto loro, avrebbe fatto, ma che da questo momento in poi saranno in molti a voler e dover fare. Foo Fighters, Merci!
- Flying - Telescopes (The Telescopes, 1992) Ogni volta che penso di essermi fatto un quadro abbastanza chiaro su ciò che cerco, su ciò che devo ascoltare, su ciò che è significativo per il mio percorso di studioso rompiballe musicale, ecco che arriva l'ennesimo gruppo della Creation che, a quanto pare, io ero l'unico a non conoscere. E così, tutto il piano quinquennale, va allegramente a farsi fottere.
- C'mon kids - Boo Radleys (C'mon kids, 1996) Stessa storia per questi, ovviamente. Che cambia se, rispetto ai Telescopes, è un nome che avevo già sentito dire? Non sono pur sempre altri sei album da infilare a forza nella pila delle cose da ascoltare o, per lo meno, nella rubrica cartacea che uso come libro dei desideri?
- Why does it shake? - Protomartyr (The agent intellect, 2015) E non cambia niente che questi siano, come dire, contemporanei, o che somiglino a un sacco di altre cose già sentite, o che non pubblichino per la Creation (che non esiste più). Sono pur sempre un gruppo interessante, con all'attivo tre album che hanno avuto successo, che io sconosco completamente e che prima o poi dovrò attenzionare. Dunque, ve l'ho detto: io morirò seppellito da tutte le cose in attesa del loro turno di essere ascoltate. Amen.