domenica 27 marzo 2016

Week 12/16


  • Stay - Landshapes (Heyonn, 2015) Oddio, non so proprio come iniziare questo post. L'ho scritto, cancellato, riscritto e ricancellato decine di volte. Allora sappiate che questa Stay apre l'album Heyoon dei Landshapes, che una recensione di New Noise ne ha definito le chitarre ingannevoli, e che a me piace molto. Del resto, siete maturi abbastanza per farvene un'idea da soli.
  • Ellen - Protomartyr (The agent intellect, 2015) Non cambio idea, per il momento, sull'album dei Protomartyr, ma devo ammettere che questa canzone ha qualche cosa di speciale. Magari non in questa imbarazzante versione live, ma su disco si (che non ho trovato in rete). Non saprei dire di cosa si tratta, ma c'è, la percepisco, mi entra nell'orecchie, nel cervello, nelle vene. Ci penserò, e forse vi farò sapere.
  • Whitest boy on the beach - Fat White Family (Songs for our mothers, 2016) Questi invece mi sconvolgono troppo per quanto facciano schifo, per quanto siano stonati, brutti, grotteschi e indefinibili. Eppure, non vedo l'ora di correre a comprare quest'album assurdo e di metterlo in heavy rotation a casa, in macchina, nel cervello. E anche in questo caso, forse vi farò sapere.

sabato 19 marzo 2016

Week 11/16


  • Pontiac 87 - Protomartyr (The agent intellect, 2015) Frustrante, frustrantissimo che, in un album acclamato, acclamatissimo da critica e pubblico, io riesca a trovare una sola canzone che riesca a malapena a solleticare il mio gusto. Frustrante, frustrantissimo. O arrogante, arrogantissimo?
  • Mulholland drive - Failure (The heart is a monster, 2015) Già che mentre ascoltavo quest'album mi chiedevo perchè lo stessi facendo, per quale errore mio o recensione fraudolenta avessi scelto di richiederlo al CE, per poi prenderlo in prestito, per poi dedicarci il mio tempo, quando all'improvviso, nel bel mezzo di una scaletta abbastanza grunge fuori tempo, parte questa canzone che mi ha catapultato a metà degli anni '90, quando tutti i gruppi più o meno acidi, a un certo punto, tiravano fuori, per contratto o solo per ammiccamento (di certo non, come ho sentito dire più volte da qualche giornalista minchione, per dare voce anche al lato tenero che ogni metallaro in fondo ha), una ballata che niente aveva a che fare con il proprio repertorio. Dio! Ricordo che durante un concerto dei Bo Ningen in cui mi stavo divertendo da morire un amico un pò sbruffone, che di li a poco sarebbe andato a vedere i Rolling Stones dal vivo, pagando una cifra spropositata, mi ha detto, alzando le spalle, chiudendo lentissimamente gli occhi e piegando testa e labbra una di lato e le altre verso l'alto: Angelo, gli anni '90 sono finiti... cristo, allora che dire di questi Failure? Continuano a fare Grunge e per giunta ci mettono in mezzo la ballata che manco i Guns n' roses con Since I don't have you mi hanno mai fatto calare il latte così! Ok, va bene, non ho niente di personale contro i Failure, ma dovevo eliminare qualche sassolino dalla scarpa...
  • Fear machine - Coral (The distance inbetween, 2016) E a proposito di sassolini da eliminare dalla scarpa... eccone un altro dritto in faccia a Tame Impala. Anche qui, niente di personale, è giusto che ognuno faccia la sua cosa... infatti, mi sa che, più che verso TI, questo sassolino è verso i suoi fanz e i critici cecati... 

domenica 13 marzo 2016

Week 10/16


  • Mindless child of motherhood - Kinks (Drivin' 7", 1969) Non è che non ci siano autori pop di alto, altissimo livello che siano venuti fuori negli ultimi trent'anni ma è innegabile che, quando penso ad autori pop di alto, altissimo livello, i primi a venirmi in mente sono vecchi dinosauri in giro da ormai cinquant'anni. Il più grande secondo me? Non lo so, non lo saprei dire, sarebbe un pò come sciegliere fra sesso, droga e rock 'n roll. Ma sicuro per Day Ravies, l'autore principale dei Kinks, ho sempre avuto un debole particolare. Sarà perchè assomiglia a Manuel Agnelli, o perchè ha di fatto inventato almeno due tre sotto-generi rock, o perchè è uno che, al contrario di Brian Wilson, John Lennon e Paul MacCarthy non ha mai avuto il giusto spazio, la giusta riconoscenza, i giusti tributi. Non che si possa definire un perdente, uno che comunque ha venduto milioni di copie, ha stravolto diverse volte il rock e ha scritto la prima opera rock della storia, ma ho sempre pensato che fosse fico avere per mito pop uno di cui tutti conoscono le musiche ma in pochi ne ricordano il nome.
  • White rabbit - Jefferson Airplane (Surrealistic pillows, 1967) E a proposito di miti... vi giuro che non è per partito preso che non ho mai amato alcune cantanti femminili che hanno girato negli ultimi venti trent'anni nel mondo del pop. E' solo che negli anni sessanta e settanta c'era in giro una che si chiama Grace Slick, e credo fortemente che ancora oggi sia del tutto insuperata. Se ci si è mai avvicinata qualcuna potrebbe essere Sherley Manson, o Anna Calvi, o Elizabeth Fraser, persino Giovanna Cacciola ma di sicuro nessuna, nessuna delle sciacquette a cui state pensando voi in questo momento.
  • Connector - Coral (Distance inbetween, 2016) Ma per tornare con la testa al presente, ai miti contemporanei e ai grandi autori, dopo cinque anni di silenzio, a parte lo strano caso di The course of love, ecco finalmente il nuovo album dei miei Coral. Bellissimo. Nuovo. A volte cattivo. Una goduria. Non potrei vivere senza di loro. Devo necessariamente vederli dal vivo prima di morire. Forse me li voglio pure portare a casa. Dio, a volte mi pare di avere 80 anni, a volte di non arrivare neanche ai 12. Forse dovrei fare una media?

domenica 6 marzo 2016

Week 09/16


  • You don't care about us - Placebo (Without you I'm nothing, 1998) Ci sono di quelle settimane in cui il futuro e il presente sono difficili da affrontare. Ci sono di quelle settimane in cui viene difficile anche alzarsi dal letto, o fare un sorriso, o fare finta che sia tutto a posto. Ci sono quelle settimane in cui la cosa migliore da fare è cercare rifugio nel passato, così confortevole, così sicuro, così difficile che te la metta nel culo anche lui.
  • Paralyzer - Suuns (Hold/still, 2016) E meno male che qualche ragione per affrontare con fiducia settimane come questa si trova sempre. In questo caso è il nuovo e cattivo singolo dei Suuns. Devo ammettere che ricorda troppo i Massive Attack di quasi vent'anni fa, ma sapete come sono fatto io, faccio finta di niente, alzo le spalle e vado avanti come un mulo.