Week 31/18
- Staring at the Sun - TV on the Radio (Desperate youth, bloodthirsty babes, 2004) Vi spiego. Qui a Aix, oggi 1 agosto 2018, ci siamo svegliati con circa 40 gradi all'ombra; con meno tre giorni alle vacanze; con Giulietta che ogni cinque minuti vomitava in un differente letto o divano della casa. Quindi, con 40 gradi all'ombra, niente ufficio con aria condizionata per me e pronto soccorso pediatrico per lei. La città era vuota, cosi come lo era l'ospedale. L'asfalto fumava e il luccichio del sole riflesso ovunque mi faceva chiedere cosa ci facessi li, a mezzogiorno, a vagare per le strade arroventate. Come per risposta, ecco che all'improvviso il mio cervello comincia a riprodurre in loop questa canzone. Intervallata, tipo la pubblicità su Spotify, da una carrellata irriproducibile di male parole...
- Let the cool goddess rust away - Clap Your Hands Say Yeah (Clap your hands say yeah, 2004) Quest'album vanta indubbiamente un'invidiabile immersione totale. Ci si immerge con la prima canzone e se ne riemerge, a prendere aria, soltanto con l'ultima. Già non è cosa comune mantenere una coerenza simile in un album d'esordio e per di più qui si sono messe assieme, una dopo l'altra, canzoni proprio belle, ben scritte e ben suonate e non esattamente convenzionali. Basta ascoltare questa Let the cool goddess rust away per farsi un'idea. Come il resto dell'album, non è che colpisca subito al primo ascolto - voce sgraziata, testo da decifrare, scrittura solo apparentemente già sentita - ma si insinua poi a poco a poco, man mano che la fiducia reciproca artista-ascoltatore va ad aumentare. E questo, a mio parere, succede solo quando il lavoro è stato ben pensato e ben trattato. Insomma, per farla breve, se al primo ascolto st'album mi aveva fatto quasi cagare - troppo hipster, troppo biondo - adesso ho difficolta a toglierlo dalla playlist. Pur tuttavia, sembra che sia l'unico in famiglia ad apprezzarlo e quindi gli ascolti avvengono quasi in clandestinità. Eh già, che mala vita amici miei, che mala vita...
- Mire - Shannon Wright (In film sound, 2013) Beh, sembra che il ripasso stia andando per le lunghe. Forse è che in cd il suono è ovviamente migliore rispetto a Spotify e il mio sensibile orecchio se ne accorge, oppure è che finalmente posso ascoltarlo anche in macchia. O forse è che finalmente non c'è più quella rottura di palle della pubblicità! Fatto sta che grazie a questo reinserimento in playlist di In film sound sto assaporando adesso anche il nero dei brani che inizialmente mi erano sfuggiti, come quello di questa Mire. Ah, giuro, se non avessi in mezzo ai piedi due donne che alle 21 e 10 già dormono (da due ore) e dei vicini di casa così cacacazzi che mi hanno persino minacciato di ritenermi responsabile per qualsiasi cosa dovesse loro succedere, bisognerebbe proprio aspettare l'ora più nera della notte per poter sparare, ad adeguato volume, queste splendide perle rumoristiche. Una dopo l'altra e poi di nuovo daccapo.
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