Week 30/2017 - tre canzoni per tre giorni
- A day in the life - Beatles (Sgt Pepper's lonely hearts club band, 1967) Questo week-end è iniziato cosi', con un diluvio di emozioni al 3C di Aix grazie agli English Garden, una piccola tribute band dei Beatles. Ci siamo divertiti tutti, soprattutto Giulietta. Quando pero' in qualche rocambolesco modo questi tre francesi amanti dei fab4 hanno suonato una più che dignitosa A day in the life, allora devo ammettere che non era più esattamente divertimento quello che provavo. Era sbudellamento puro, erano lacrime difficili da trattenere, era illuminazione prematura (si fa per dire, è da 20 anni che ascolto e studio i Beatles). Dunque diventa chiaro: la differenza fra loro e tutto il resto del mondo pop è la solidità della scrittura, della composizione. Anche provando a massacrarle, non c'è verso di riuscire a rovinare le loro canzoni. La differenza fra loro e qualsiasi altro gruppo pop al mondo, passato presente e futuro, è che anche fra cento anni le serate tributo ai Beatles le loro 50 - 100 persone le faranno sempre. E potete scommetterci che ci sarà sempre qualcuno a cui scapperanno le lacrimuccie.
- Ask - The Smiths (Ask single, 1986) Il sabato dopo, cioè ieri, è stato un altro grande momento, da annoverare fra i top moments della mia vita. Presentazione alla libreria Book in bar di Aix dell'ultimo libro (bruttino) di Jonathan Coe, alla presenza dell'autore. Avevo già avuto modo, circa tredici anni fa, di incontralo in Sicilia per due incontri a Catania e Palermo, e ciò che ricordo più di ogni altra cosa è che, in entrambi i casi, sono riuscito a fare una figuraccia indimenticabile. Figuraccia su cui, mi dispiace, sorvolerò. Bene, dato questi presupposti, la mia intenzione per ieri era di ignorarlo, ovvero stare li ad ascoltarlo, farmi firmare un paio di libri e andarmene alla svelta dopo una stretta di mano e magari una foto, prima che scattasse in me la folle tentazione di dire o fare qualcosa di compromettente. Come non detto. Non ci sono riuscito. Non ho potuto fare a meno di infilarci in mezzo la solita figura di merda. Figura di merda su cui, anche questa volta, mi dispiace, ma sorvolerò.
- Locomotive vocale - Hugues Le Bars (J'en ai marre vol.2, 1990) Uh, ed ecco come finisce il week-end, con una scoperta che è poi un viaggio nel passato e in quel bagaglio di ricordi passivi che ci portiamo dietro fatti di spot pubblicitari, scampoli di conversazioni dei "grandi", immagini che non eravamo ancora in grado di capire ma che, per qualche motivo, ci hanno turbato e per questo le abbiamo conservate. A me, lo spot del Grand Marnier che girava a fine anni '80, mi rimarrà sempre impresso come esempio di bella vita, non di quella coi soldi e le Ferrari, ma bella vita libera, assieme alle persone libere, ai cavalli e, ovviamente, al Gran Marnier. Insomma quella bella vita in cui servono i soldi si, eccome, ma non si ostentano e per questo tutti pensiamo di potercela permettere e insommaaaaaa... evidentemente lo spot aveva fatto il suo dovere. Io a dieci anni, da grande, volevo vivere in quel modo. Comunque, a parte le belle donne, i cavalli e il Gran Marnier (ovviamente) ciò che mi colpi (e non fui il solo) fu la colonna sonora. Solo oggi scopro che si tratta di una composizione di un famoso e da poco defunto musicista francese, tale Hugues Le Bars, un po bizzarro, un po pazzoide, innamorato del cinema e, fra le altre cose, del Giappone. Beh, come dire, la lista delle cose da ascoltare tende all'infinito. Sembra scoraggiante, e in fondo lo è, ma è cosi e non possiamo farci niente. Bonne nuite!
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