Week 26/17
- Thay'd name an age - USA Nails (No pleasure, 2015) Questi USA Nails hanno le chitarre nervose dei Sonic Youth, distorsioni che ricordano la lezione dei My Bloody Valentine e un cantante che potrebbe essere Dara Kiely dei Girl Band, eppure, il risultato finale, pur non essendo razionalmente disprezzabile, è di una noia mortale. In effetti il punto è: se ci sono già (stati) Sonic Youth, My Bloody Valentine e Girl Band, che bisogno c'è di una band che fa una centrifuga di tutto ciò, invece di seguire una propria idea di frastuono più atroce?
- J-Boy - Phoenix (Ti amo, 2017) C'è gente, fra cui mio cugino, Francesca, Giulietta e la maggior parte dei miei amici, che se sapessero cosa penso davvero di questa brillante canzone dei Phoenix mi sputerebbero in faccia, mi deriderebbero, mi metterebbero alla gogna su internet. Mi farebbero rileggere con metodo Ludovico tutti i post scritti finora, mi chiuderebbero in una gabbia lanciandomi file mp3 di scarsa qualità. E allora sapete che faccio, per evitare questa vergogna? Non ve lo dico, io, quello he penso davvero di questa brillante canzone dei Phoenix...
- The agency group - Alvvays (Alvvays, 2014) Questa canzone mi ricorda Michelle dei Beatles. Lo so, lo so che non c'entra niente ma, come la canzone di Paul e John, sembra scritta nel DNA della razza umana, tanto è orecchiabile, essenziale e piacevolmente prevedibile. Mi ha preso e stordito sin dal primo ascolto e già solo per questo, come se non amassi già le altre canzoni che conosco del gruppo, sono corso (metaforicamente) a ordinare l'album da uno dei miei spacciatori di fiducia del web. Vi terrò informati se il paragone ardito di cui sopra potrà essere consistentemente esteso a tutto l'album d'esordio degli Alvvays o se, come al solito, questo post rimane uno dei miei vaneggiamenti dettati dal troppo alcol, dall'ansia di prestazione e da un infantile entusiasmo di cui non mi libererò mai.
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