venerdì 27 settembre 2013

Week 39/13

  • Epic - Faith no more (The real thing, 1989) Dedico questa canzone del 1989 a tutti coloro che, almeno una volta negli ultimi ventuno anni, hanno sentenziato compiaciuti che "però i Rage Against the Machine hanno inventato un genere!!!". Olè! Ma belle vaccate che dite, davvero!
  • Drill - Wire (Drill, 1985) Non so come mai i Wire chiamarono "Dugga" la trovata ritmica con la quale soppiantarono i vecchi groove funk, ma dice Simon Reynolds che invece, per capire come mai questa canzone si chiama Drill (Trapano), basta solo ascoltarla. Ad un livello di volume spropositato poi, sono sicuro che anche ogni dubbio sul Dugga sarà definitivamente sciolto.
  • Violent life - Blonde Redhead (La mia vita violenta, 1995) Perchè non mi piacciono i Blonde Redhead, perchè?! Piacciono a tutti, a tutti! Ai critici musicali, agli artisti del circolo degli artisti, ai falsi nerd, radical chic, nichilisti, anoressiche, bulimiche, aspiranti DJ, aspiranti attrici, autori TV, stagisti, registi, falliti, delusi, depressi e persino ai frustrati! A tutti, a tutti piacciono i Blonde Redhead, tranne a me! Ma perchè, perchè devo essere escluso da questo fantastico fan club, perchè?

sabato 21 settembre 2013

Week 38/13 - una tripletta nostalgica III


  • Skopje - Teatro degli Orrori (Il mondo nuovo, 2012) "Striscia fuori dal grembo del mare un piccolo granchio. Si sotterra e si addormenta nella sabbia di fango e detersivi, stanco morto. Sulla faccia il sudore del lavoro, che percorre l'autostrada a piedi, che si accanisce sul brandy del discount, e che si strappa i capelli bianchi. I semafori in fondo al viale sono bottoni di camicia spalancata sul petto. Il Rivolta questa notte romba musica cupa e discontinua. Mi fiorisce in petto un pianoforte sul quale suonano gli amori degli uomini del mondo. Non posso fare a meno di voi, amori degli uomini del mondo, non posso fare a meno di voi". Questa è pura letteratura. Ma voi continuate ad idolatrare Capossela, e le sue porcherie cha-cha-cha...
  • Expressway to your skull - Sonic Youth (Evol, 1986) L'apice del post-post-punk. I Sonic Youth mettono al muro Clash, Beach Boys, James Brown, Elvis Presley e Madonna, uno dopo l'altro e chiarendo per ciascuno di loro le motivazioni della condanna a morte. Poi, al minuto 2.06, aprono il fuoco. Le chitarre di Lee e Thurston, il basso di Kim e i maltrattamenti ai tamburi di Steve sono delle pietrate sonore letali che non lasciano in piedi nessuno, e il rumore bianco che si snoda in una coda infinita (in vinile va in loop) è la tabula rasa per ricominciare, tutto, da capo. La missione è compiuta, indubbiamente, ma andrà ripetuta ad intervalli regolari.
  • Poptones - Public Image Limited (Metal box, 1979) Ora, daccordo che quei tre anni fra il 1978 e il 1980 sono stati fra i più sconvolgenti in fatto di suoni, argomenti, performance e, in generale, attitudine musicale, ma immaginare cosa possa essere successo nel mondo della vecchietta post-vittoriana mentre beve il te con il mignolo alzato davanti alla tivvu proprio quando i Pil erano a Top of the pops - con un brano che ha un basso che sembra un jingle di natale, una chitarra che pare pioggia acida su una città industriale, una batteria che non si capisce se cade a destra o a sinistra e un testo urlato a denti e culo stretti che racconta di uno stupro nel mezzo dei boschi di cui la vittima ricorda solo i poptones che venivano fuori dall'autoradio del maniaco - è troppo difficile per me, che sono cresciuto con la faccetta dolce di Bono Vox e Bruce Springsteen perennemente in classifica. Ma, volendo azzardare, direi che è morta soffocata dal suo te zuccherato nel momento in cui ha realizzato che il mondo a cui era abituata era ormai frantumato in milioni di pezzi e, per di più, pezzi fatti di sostanza dichiaratamente molto simile alla gloriosa merda dei peggiori quartieri londinesi.

mercoledì 18 settembre 2013

La tripletta di Giusi Di Placido

Senza nulla togliere ai precedenti e futuri ospiti, quello di oggi è veramente speciale. Innanzi tutto, perchè è la prima donna a regalarci la sua tripletta del momento. Poi, perchè senza di lei questo spazio non sarebbe mai esistito. Quindi, miei cari tutti, aguzzate la vista, attivate l'udito, ecco a voi le tre canzoni di Giusi Di Placido!
  • I feel just like a child - Devendra Banhart (Cripple crow, 2005) Indian soundtrack: non era il treno per Darjeelling ma per Varanasi. Il classico motivetto che ti si incastra nelle vertebre ad ogni balzo dei vecchi carrozzoni lerci indiani. Mi faceva ridere e dimenticare il caldo atroce.
  • Birds - Sophia (Technology won't save us, 2007) Technology won't save us, con le sue classiche ballate mi porta dentro il mio vulcano, e mi culla con le sue melodiche vibrazioni. Troppo poco pop? No, no...

venerdì 13 settembre 2013

Week 37/13


  • Easy Easy - King Krule (Six feet beneath the moon, 2013) Questa discussione è avvenuta via chat. Io: "Cugino, dai un'occhiata a questo video. Quanti anni avrà? Diciotto, venti?". E allego link. Mio cugino mi risponde dopo mezz'ora: "Sei un coglione. Pensavo fosse una twenty years big boobs young teen redhead depilata e ubriaca a un college party. Mi hai svegliato per niente. Sei un coglione". Signore e Signori, King Krule. Quanti anni avrà? Diciotto? Venti?
  • Shoplifting - Slits (Cut, 1979) Si narra che quando queste tre fanciulle si misero assieme, nessuna di loro era esattamente in grado di suonare uno strumento. Si narra inoltre che in quel periodo, non era esattamente richiesto saper suonare uno strumento per mettere su un gruppo. Eppure questa Shoplifting è un piccolo gioiello pop, grazie ad un ritmo irragionevole, un giro di basso che conosco tanta gente io che pagherebbe per saperlo inventare e suonare dopo tutti gli anni di studio alle spalle (mah!), un testo divertente ma al contempo impegnato (Babylonian won't lose much and we'll have dinner tonight) e persino una citazione musicale, più o meno casuale, dei Kinks (Last of the steam-powered train). Meraviglioso, quello che succede quando non hai schemi mentali. Meraviglioso.
  • The closet - Teenage Jesus and the Jerks (No New York, 1978) Anche questi disgraziati, non è che fossero proprio dei campioni coi loro strumenti. Eppure, con le loro dieci - dodici canzoni pubblicate in tre anni (circa diciotto minuti di musica in totale), hanno stravolto tutto. The Closet è una marcia funebre su cui Lydia Lunch infierisce con i suoi strazi da disperata che annega. E' un ritmo alieno senza il quale non avremmo mai avuto i Sonic Youth di Bob Bert. E' un primordiale tentativo di distruggere tutto ciò che sappiamo sul rock per poter ricominciare da capo. Questo, e nient'altro, è vero punk.

sabato 7 settembre 2013

Week 36/13 - tre canzoni per tre film

  • Goin'out west - Tom Waits (Fight club, 1999) Tom Waits è indubbiamente sporco di suo, ma per entrare nella corte di Tyler Durden, quella sera, ha dovuto sporcarsi ancora di più. Poi, una volta uscito fuori da quello scantinato, lo abbiamo sentito ancora alcolizzato, funambolico e più perdente che mai. Ma, dopo quella sera al Fight club, Tom Waits, così sporco e rumoroso, no, non lo abbiamo sentito suonare mai più.
  • More than this - Roxy Music (Lost in translation, 2003) Non potrò mai essere obiettivo con questa canzone. Forse i Roxy Music, dopo l'abbandono di Eno, erano daverro belli e finiti, e forse questa canzone è solo una smielata e inutile canzone pop di media qualità. Ma il punto è: cosa ci può essere più di Bob e Charlotte - lui con la camicia hawaiana nel bel mezzo di una crisi di mezz'età, lei in caschetto rosa alle prese con un matrimonio troppo frettoloso - e il loro romanticissimo karaoke luccicante dalle finestre del millesimo piano di un grattacielo di Tokyo? Cosa ci può essere più di questo? Niente. Non ci può essere proprio niente...
  • How soon is now? - Smiths (Closer, 2004) C'è una scena da panico, in questo film, ed è esattamente quando quel figlio di puttana di Larry, buttandole i soldi in faccia, cerca di mettere in crisi Alice con le sue domande, mentre lei, per tutta risposta, raccoglie i soldi da terra, sposta le mutandine di lato e, sorridendo, mente, mente all'infinito. E come se non bastassero poi le faccie stravolte dei due, come se non bastassero i dialoghi serrati, le inquadrature sbilenche e l'ambientazione soffocante, a sottolineare l'urgenza di questa scena c'è una delle canzoni più claustrofobiche degli Smiths. Un lungo, ipnotico vibrato e un ritornello di sole nove parole per riassumere tutto ciò che succede in questo cazzo di film. Clive Owen, Natalie Portaman, una parrucca rosa e gli Smiths, per una perfetta scena da panico.

mercoledì 4 settembre 2013

La tripletta di Enrico Verger

Nuovo ospite, nuova sconvolgente tripletta. Enrico Verger - il famigerato Enrico Verger! - vola alto, e ci regala tre perle da un passato solo sulla carta (e sul calendario) non troppo lontano. Una tripletta romantica, una tripletta epica, una tripletta per eroi di altri tempi!
  • Now my heart is full - Morrisey (Vauxhall and I, 1994) Un approdo consolatorio per tutti coloro che passarono giorni, mesi, anni nella propria cameretta ascoltando l'Elvis degli outsiders. E tutti quelli che amo, prima o poi, si stenderanno su un divano in analisi. IN MOZ WE TRUST !
  • Spirit of 76 - Alarm (Singolo, 1986) Pura appartenenza a conferma che è la musica che ti sceglie e non l'inverso. Quanto era difficile nell'85 condividere la passione viscerale per una band alla quale Bono Vox, e compagnia suonando, riuscirono ingiustamente a prendere gli ultimi posti disponibili. Il mai abbastanza rimpianto Joe Strummer oggi salirebbe volentieri su un palco assieme a Mike Peters per insegnare alle "nuove" generazioni come si racconta la vita. Le dinamiche meritocratiche sono da sempre trasversalmente dubbie.
  • Monument - Sound (All fall down, 1982) E' paura quella che senti dentro di te? Parlavi a te stesso, Adrian, ed era così dannatamente trasparente. La fragilità uccide le anime più nobili. Una lezione per tutti. L'ennesima.

domenica 1 settembre 2013

Week 35/13 - una tripletta dell'ultimo minuto (e totalmente inusuale) perchè me ne ero completamente dimenticato!


  • Don't worry baby - Beach Boys (Shut down vol.2, 1964) Una settimana di vacanza senza possibilità di accesso a fonti musicali, una settimana di silenziosa introspezione vagliando quel juke box naturale che è il nostro cervello (anche se il gettone si mette nel cuore) e cosa ne esce fuori? Che alla fine, la canzone che canto più spesso sotto la doccia mentre cerco di scrostarmi il sapore di sale che ho sulla pelle, è questa meravigliosissima poppeggiante e appena appena psichedelica Don't worry baby. Che poi, pagherei io, per essere nato settant'anni fa, ed essere stato un Beach boy...
  • Amore disperato - Super B. (Super B, 1998) Come dicevo, la forzata astensione al leggittimo godimento musicale porta a, non dico brutte, ma di sicuro inaspettate sorprese (che poi, se non fossero inaspettate, in effetti, che sorprerse sarebbero?) e il secondo brano più karaokato da me sotto la doccia - eh si, immaginatemi pure: cuffietta a pallini per i capelli, l'albino culetto schiumato che sculetta di qua e di la, braccio della doccia usato come microfono - è la cover di Amore disperato, di Nada, per mano dei Super B. Chi erano questi? Cosa volevano? Che fine hanno fatto? Boh, chissenefrega, dico io. Tanto da oggi torno ad ascoltare musica seria... non è vero, sto bluffando!, questa canzone mi piaceva e mi piace ancora da morire. E la canto spessissimo e senza vergogna!
  • Com'è profondo il mare - Lucio Dalla (Com'è profondo il mare, 1977) Bruciato, ucciso, umiliato, piegato ma, ciò nonostante, com'è profondo il mare. Fine della vacanza belli, si torna al dramma collettivo.