venerdì 29 giugno 2018

Week 26/2018

  • Who is it - Björk (Medulla, 2004) Forse questa è la canzone più tradizionale di Medulla, ed è per questo che, alla fine, quasi quasi posso dire che mi piace. Per il resto, anche se non sono d'accordo, è emblematico il lapidario commento scappato di bocca a Patrick durante la pausa pranzo: Björk? Yoko Ono fatta col Mac...
  • Control - Suuns (Felt, 2018) C'è qualcosa, in Felt, che ancora, dopo due mesi di ossessivo ascolto, mi spiazza completamente. Nonostante sia abituato a destrutturatori come Sonic Youth, Beatles (si, ho detto Beatles) e Uzeda la completa mancanza di riferimenti dentro le canzoni di quest'album è oscena. Affermazione questa assurda, considerando che Felt sia il meno originale degli album dei Suuns. Eppure, ascoltate questa Control: l'inizio sembra una favola dark e la fine una discesa agli inferi. In mezzo pura psichedelica da bianconiglio centrifugata a esperienza bristoliana. Innesti megafonati, scale aviarie, ticchettii calustrofobici. Su tutto, poi, quel ritmo perfetto di batteria e, che so?, xilofono forse? Bip di segreteria, soffi in cornetta, sospensione temporale. Addio. Sconvolto dopo ogni ascolto.
  • Eyes like pearls - Coral (Move through the dawn, 2018) C'è qualcosa di tenero in questo nuovo singolo dei Coral, qualcosa di tenero e malinconico che mi fa sorridere di un sorriso un po' amaro, come del resto amara è la malinconia, per non parlare della tenerezza. Aspetto senza troppa ansia il loro nuovo album previsto a settimane, ma la novità è che questa volta ho deciso di volare a Londra a ottobre per vederli in concerto. Sarà il mio regalo di compleanno. Un regalo un po' tenero, un po' malinconico e molto, molto, molto amaro.

venerdì 22 giugno 2018

Week 24-25/2018

  • Le futur N°4 - Rita Mitsuko (Rita Mitsuko, 1984) Ultimamente sono così depresso e così annoiato (ma soprattutto annoiato) che per trovare qualcosa di interessante devo rivolgermi al passato. Guardo vecchi film, spolvero vecchie foto e ascolto vecchie canzoni. In tutti i casi, i limiti tecnologici stabiliscono l'epoca. E in tutti i casi, la distanza del tempo stabilisce il grado di felicità.
  • In caustic light - Shannon Wright (In film sound, 2013) Qui si sta a metà strada fra ciò che amo e ciò che odio, ossia il rumore più atroce e il rumore più banale, ossia il noise rock e il grunge, o anche il noise rock e il match rock. Avevo adocchiato quest'album già un po' di tempo fa, ma non riuscendo a procurarmelo era finito - anch'esso - nell'attendoio di Spotify. L'ho ripescato  qualche giorno fa e ammetto che mi ci sono approcciato un po' titubante, proprio per quella sensazione di mezzo che avevo provato a un primo timido ascolto (e che ricorda ciò che era già successo con i Drive Blind) ma mi sa che mi sbagliavo. Dopo diversi ascolti posso dire che il compromesso fra rumore atroce e tradizione cantautoriale è micidiale. In film sound risulta un gran bell'album di cui questa In caustic light riassume bene lo spirito: rumoroso, pacato, sinuoso, insinuante, notturno e sufficientemente outsider per durare nel tempo senza sbiadire. Il vinile pare introvabile, ma il cd lo inseguirò ancora finché non troverà il suo posto nella mia patetica collezione. Nel frattempo, scusate se vi sembro un po' moscio, ma ve ne consiglio  l'ascolto.
  • NY excuse - Soulwax (Any minute now, 2004) Anche NY excuse, come la sopracitata In caustic light, rappresenta perfettamente l'album da cui è tratta, in questo caso Any minute now dei Soulwax, che ormai ascolto da mesi non proprio in heavy rotation ma con una certa curiosità. E finalmente, concentrandomi su questa canzone, ho scoperto cosa c'è che non va nei Soulwax: su zauddi, non ci ponu fari nente. Su proprio zauddi.

venerdì 8 giugno 2018

Week 23/18 - Post Nîmes

  • Loser - Beck (Mellow gold, 1993) Innegabile che le cose più eccitanti del TINALS sono quest'anno arrivate dalle nuove promesse, in particolare, per me, da Rolling Blackouts Coastal Fever e Fabulous Sheep, ma non è per questo che le delusioni dovevano essere cosi deludenti e i big cosi noiosi! Dico, mi rendo conto perfettamente del percorso artistico, eccezionale sia chiaro, di Beck nel corso di 25 anni, ma dopo averlo finalmente visto live non posso che definirlo Sua Deludenza Reale Beck. Otto persone sul palco, suoni puliti con la candeggina, movenze che manco Bono Vox in crisi mistica e poi, su tutto, quell'autobus nero, alle due del mattino, illuminato dal di dentro così da mostrare tutto, che portava già la ciurma al prossimo appuntamento, come da programma, da contratto, da bravi professionisti. Non era il Beck che mi aspettavo. Insomma, pensavo fosse un lo-fi e invece è proprio un ci-sei...
  • Snakedriver - Jesus and Mary Chain (The sound of speed, 1993) Altra delusione, però prevista questa, e comunque diversa da quella di Beck. Qui i signori JAMC hanno come suonato per un'ora la stessa canzone. Suonata benissimo, per carità, e poi, che canzone! Però ecco, questo è un gruppo che live dovrebbe stuprare le orecchie, prendere a pugni lo stomaco e sputare rumorosamente in faccia arrogante saliva infetta. Invece, ecco, fa solo comparire un sorrisino in faccia, fa montare il desiderio di ringraziare per la dedizione e poi di scapparsene via, per poter mettere la X della presenza accanto al loro nome. Un po' poco, mi pare, per il gruppo che ha scritto Psychocandy...
  • Kili kili - Black Bones (Kili Kili, 2017) Fra le delusioni cocenti bisogna anche inserire i giapponesi senz'anima dei DYGL (che però sono tanto piaciuti a Giuly), quella noia mortale dei Cigarettes after sex e, infine, Father John Misty che non è proprio che mi ha deluso ma è che, in fondo, mi fa schifo e quindi dopo due canzoni l'ho mandato a quel paese, o meglio sono andato via io. Sono andato via io dunque e sono finito sotto al palco di questi francesi Black Bones, un po' snobbati in fase di preparazione al festival ma che mi hanno proprio shockato live. Un po' per la presenza scenica - basta vedere questo video - ma soprattutto perché sono bravi, punto e basta. Scrivono belle canzoni e le suonano anche bene. Sono piaciuti anche a Francesca, a Giulietta e ad un altro migliaio di persone che salticchiavano allegramente sotto al palco. Chi è che aveva detto che il rock, in Francia, era come la famiglia arcobaleno in Italia, cioè inesistente?

venerdì 1 giugno 2018

Week 22/18 - Finding Nîmes


  • Different ways/same world - Fabulous sheep (Kids are back, 2016) Eccitati come degli scolaretti, a poche ore dalla partenza per Nîmes obiettivo Paloma, alle prese con una febbre che mi ha dato filo da torcere, recuperiamo all'ultimo secondo delle star, o potenziali star, che suoneranno domenica alle 15.10 (cazzo di orario) sulla scene mosquito... A tratti suonano un po' Muse (che schifo) a tratti un po' Undertones (già va meglio) a tratti... beh, vi diro' la settimana prossima se questi francesini di Béziers ci hanno solleticato in vano le orecchie o no...
  • Standing on the corner - Warmduscher (Whale city, 2018) Anche questo è spuntato fuori all'ultimo secondo, proprio mentre mi rassegnavo a perdere tempo con Francobollo, DYGL, Moaning e Mcbaise, questi sconosciuti che si, saranno bravi, va bene, ma non mi solleticano le orecchie più di tanto... non so da dove vengono, non so dove vanno, ovviamente, eppure stasera alle 21:30 sarò li, sempre alla scene mosquito, per godere di questo suono grezzo, zaurdo quanto basta e modernamente punk proposto da Warmduscher. Poi mi apposterò li, come una groupie dodicenne, e gli chiederò gli autografi...
  • Teenage toy - Insecure Men (Insecure men, 2018) Ecco invece un gruppo che mi sa che non riuscirò a vedere. Perché prima era segnato troppo tardi per Francesca e Giulietta, ora perché sembra che siano proprio spariti dal cartellone. Non saprei, ora indago. Ma sarebbe un peccato, in fin dei conti, dopo aver incrociato lo sdentato Saul per le strade speziate di Brixton, pensavo che ormai eravamo amici amici amici...