Week 33/2017
- Don't let me down - Beatles (Get back 7", 1969) Vivere lontano da casa significa anche trovarsi in una bella piazza, un bel giovedì sera d'estate, e stare li con le mie due donne mentre un gruppetto un po' scalcagnato suona un'azzardata cover di Don't let me down dei miei Beatles. Nel frattempo, proprio davanti a me, una coppia anch'essa lontana da casa, anche se forse solo per turismo, mette su un vero e proprio show parallelo. Prima confabulano fra loro, poi lei da a lui il suo telefono, poi lui lo prende mettendosi in tipica posizione da fotografo, braccia alzate e ginocchia flesse. Poi lei si mette davanti a lui, dandogli la schiena e dunque rivolta verso la scena, e poi ancora lei che si muove, che si tira i capelli, che li lascia andare, che alza un po' la gamba, che poi l'abbassa e piega la testa da un lato, poi dall'altro, e lui nel frattempo che scatta foto, un'appresso all'altra, sempre seguendo le direttive di lei. Poi lei che si riprende il telefono, che si rivede tutte le foto, che ne seleziona qualcuna e le fa rivedere a lui, che sceglie le finaliste, e poi lei che sceglie la vincitrice e comincia a postarla ovunque, su Instagram, Facebook, WhatsApp probabilmente intitolandola qualcosa come semplici scene d'estate, e troppo impegnati entrambi, lei e lui, a giocare con il loro ego per accorgersi che io li stia spiando fino a infilare la testa sopra le loro e vedere ciò che fanno. O forse proprio perché giocano con il loro ego mi considerano solo il primo like del loro post, anche se non sono un follower, un amico o un semplice contatto. Vivere lontano da casa, significa anche questo. E quando dico casa, intendo dire un qualsiasi giorno di un qualsiasi mese del lontano 1987.
- Victorian acid - Ulrika Spacek (Modern english decoration, 2017) Questi londinesi che mi sono appena perso suonare all'Ypsig fanno esattamente ciò' che amo nel rock: muri sonori, tappeti psichedelici, litanie rumoristiche. E per questo li snobbo: non riescono ad eccitarmi neanche le dita dei piedi.
- Shortterms - Conger! Conger! (This is a white album, 2017) Anche questi non riescono ad eccitarmi neanche i peli della schiena, nonostante facciano ciò' che amo nel rock: curve spigolose, linee di basso post tutto, suoni sudati. Pero' non li riesco a snobbare per due motivi. Primo, sono di Marsiglia. Secondo, sulla loro pagina Bandcamp danno in regalo l'mp3 della loro cover di Upside down dei Jesus and Mary chain. E se vi pare poco, cazzi vostri.
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