Week 15/17
- Out getting ribs - King Krule (Six feet beneath the moon, 2013) So di averlo sponsorizzato e coccolato ma devo ammettere adesso che in Six feet beneath the Moon, suo album d'esordio del 2013, quello che conteneva per intenderci la folgorante Easy Easy, ci sono delle canzoni in cui è più che evidente il limite canoro del ragazzetto londinese. Poi, più che limite canoro, in certi casi, come questo, è puro fastidio estetico.
- Ankh - Temples (Colours to life, 2013) Che coincidenza che questa Ankh dei - anche loro inglesi - Temples usciva come b-side di Colours to life proprio nello stesso periodo del primo album di King Krule. Io ci sono finito per caso solo oggi, non ricordo bene seguendo quale catena, e devo dire che, per quanto non sia per niente male questo pezzo, persino godibile a un primo ascolto, al secondo mi abbia fatto sbadigliare e al terzo addormentare. Dico, io questi Temples non li preferirei neanche a TOY e Kula Shaker, eppure sembrerebbe ci sia in giro gente che li paragoni addirittura ai famigerati Pink Floyd di Syd Barrett... ah, sti giovini. Ma possibile che davvero non capiscano proprio un cazzo?
- Lucky girl - Fazerdaze (Morningside, 2017) Non mi azzardo a fare neanche il minimo paragone, ne tantomeno a parlare di originalità, di validità di scrittura o di spessore artistico. Mi limito a sottolineare la freschezza e la leggerezza di questa canzone, del suo video e dei musicisti che la suonano... dico, non sono australiani, questi Fazerdaze, ma neozelandesi, e tutto sommato quindi siamo sempre li. Non è che per caso siamo davvero in procinto di levarci dalle palle le pose londinesi per entrare in una nuova e fresca era nell'angolo opposto del mondo e del pop?
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